Italiani all’estero: Italia ti amo, ma devo dirti addio

Gli italiani all’estero sono sempre di più. Nel 2015 sono espatriati 107.592 italiani, molti dei quali giovani, con un aumento del +6%, rispetto al 2014. Questo è quanto emerge dal rapporto Italiani nel mondo 2016, della Fondazione Migrantes, che sottolinea inoltre che la maggior parte degli espatriati proviene dalle regioni del nord Italia, prima fra tutti la Lombardia. Naturalmente non si sta parlando della “Generazione Erasmus”, ma di quegli italiani che decidono di abbandonare per le ragioni più disparate e, a volte, di non tornare più.

Non si tratta soltanto di studio (anche se l’iscrizione di ragazzi italiani in atenei stranieri è in costante aumento) ma, come ha fatto ben notare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di un segno di impoverimento che costringe a dire addio all’Italia (tra rabbia e nostalgia). Dal canto suo Matteo Renzi ha dichiarato che la scelta di partire è legittima, ma in Italia bisogna creare un Paese migliore per far tornare tutti quelli che vorrebbero farlo. Accadrà mai un cambiamento di rotta? Purtroppo la risposta più credibile sembra essere “NO”.

L’Italia è bella, ma soltanto per le vacanze. Gli italiani all’estero sono sempre orgogliosi della loro terra, nonostante le sue troppe contraddizioni. Ne parlano spesso quasi commossi, non solo per il cibo (e la cultura del cibo) e il clima, ma soprattutto le bellezze create dall’uomo (e qui viene la rabbia) che comunque sono lasciate a marcire dall’incompetenza di chi non sa gestirle. Gli italiani all’estero hanno un particolare rapporto d’amore (e odio) con l’Italia: alcuni la sognano come Ulisse sognava Itaca (e sono consapevoli che prima o poi torneranno), altri la sognano come Foscolo sognava Zante (A Zacinto), consapevoli del fatto che non rivedranno più la terra natia (più che altro perché divenuta terra arida e corrotta che non dà lavoro), ma altri ancora sono felici di poter prospettare un futuro in un’altra nazione, che saprà meglio dar loro una valida istruzione (meno costosa che in Italia) e formarli per inserirli presto nel mondo del lavoro.

Il terzo caso è di certo il più gettonato degli ultimi anni. Nonostante l’immigrazione sia parte del codice genetico degli italiani, questa generazione è la più piena di cervelli in fuga perché ciò che si è costruito per loro è stato un enorme castello di sabbia, crisi e corruzione, caduto al primo soffio di vento, perché senza fondamenta. Non bisogna stupirsi, quindi, se sempre più giovani decidano di divenire italiani all’estero: le università italiane (tra le ultime nel ranking mondiale) hanno infatti creato un esercito di laureati con dei sogni racchiusi dentro una valigia, che verrà schiusa all’arrivo in altre capitali europee come Londra, Berlino o Parigi.

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