Liu Xiaobo, il Premio Nobel che crebbe nel “potere della pubblica opinione su internet”

Il potere della pubblica opinione su Internet è potente. E Liu Xiaobo lo sapeva bene. Il Premio Nobel per la Pace si è spento a 61 anni nell’ospedale di Shenyang il 13 luglio 2017. Il dissidente cinese, figura di primo piano del movimento di Piazza Tiananmen del 1989, stava scontando in prigione una condanna a 11 anni per aver diffuso un documento, il Charta08.

In questo manifesto, pubblicato nel 60esmimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 2008), rinfacciava il regime di Pechino la necessità di riforme politiche all’insegna di una maggiore libertà di espressione e di religione.

Classe 1955, anche critico letterario, si impegno già sin da giovane nella battaglia per la democrazia. Fu infatti leader cinese del Pen Center, l’associazione internazionale degli scrittori e, dopo l’esordio letterario a Pechino, studiò e lavorò in America prima di tornare in patria durante le proteste di Tiananmen.

Lasciò il segno fin da subito Liu, anche perché fu tra i primi leader che iniziarono lo sciopero della fame quando i carri armati cominciarono a occupare la piazza simbolo della protesta. Arrestato svariate volte, nel 1996 fu obbligato a collaborare in un campo di lavoro per tre anni e dove culminò anche il suo sogno di amore, tra drammi e battaglie, sposando la poetessa Liu Xia.

Premio Nobel per la Pace nel 2010 a Liu Xiaobo

La Cina perde così il suo più rinomato dissidente politico che nel 2010 fu insignito del Premio Nobel per la Pace dal Comitato norvegese “per la sua lunga e non violenta battaglia in favore dei diritti umani fondamentali in Cina”. Di fatti, con tale documento, il comitato norvegese ne approfittava per denunciare la forte mancanza di libertà di espressione, nonostante sia sancita dall’articolo 35 della Costituzione cinese. “In pratica – scrivevano nel documento – è dimostrato che queste libertà sono chiaramente limitate per i cittadini cinesi. Da oltre due decenni, Liu Xiaobo è un forte portavoce della battaglia per l’applicazione dei diritti umani fondamentali anche in Cina”.

Il potere democratico del Web per Liu Xiaobo

Liu Xiaobo, principale simbolo dell’intera battaglia per i diritti umani nel suo Stato, non mancò di combattere a favore della libertà di stampa ed espressione, stando al passo con i tempi. Infatti, prima di Charta08, nel 1999 è stato il primo a sottolineare, in Cina, la possibilità della “libera assemblea nel cyberspazio” vendendo nel World Wide Web una rete utile a scavalcare confini e barriere. Fu lui il primo a parlare del “potere della pubblica opinione su internet” sperando di poter oltrepassare la Grande Muraglia cibernetica che ancora tiene serrati, con la sua censura, i cittadini cinesi.

Liu Xiaobo, non ha pace neppure dopo la sua morte

“In quanto sopravvissuto al movimento democratico di Piazza Tianament – ha dichiarato in un’intervista alla BBC – sento di aver il dovere di sostenere la giustizia per coloro che morirono in quell’evento”.

Ma anche i più forti combattenti, prima o poi, devono dire addio alla vita terrena. E così l’ex eroe di Tiananment si è spento a causa di un tumore al fegato in un ospedale nella provincia del Liaoning, la stessa dove era incarcerato nel penitenziario di Jinzhou. La sua morte, tra l’altro, è la prima di un Nobel per la Pace avvenuta in stato di detenzione dopo quella del pacifista tedesco Carl von Ossietzky, deceduto in un ospedale nazista nel 1938.

La sua figura, ora, non smette di infastidire il Governo cinese. Anche il giorno successivo alla sua scomparsa, Pechino tiene a ribadire quanto l’attribuzione del Nobel a lui sia stata una “blasfemia”. Almeno questo è il termine usato dal portavoce del ministero degli esteri cinese Geng Shuang, per protestare contro Stati Uniti, Germania e l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati che nei giorni scorsi avevano chiesto più umanità verso i trattamenti riservati agli ultimi giorni del dissidente.

Morte di Liu Xiaobo, fine della battaglia per i diritti umani fondamentali in Cina?

La sua lunga e non violenta lotta per i diritti umani fondamentali in Cina, probabilmente, non finisce qui. Come ogni uomo illuminato che lascia il segno, le sue gesta e le sue riflessioni potranno continuare grazie ai tanti che avrà influenzato nel suo cammino. Forse anche attraverso l’uso corretto ed etico del web, come lui stesso avrebbe voluto.

Foto chinatoday.com

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