Maternità surrogata addio. L’appello dalle donne italiane all’Onu

Stop alla maternità surrogata. Niente più utero in affitto. È partita la raccolta firme per presentare all’Onu «il divieto della pratica della maternità surrogata in quanto incompatibile con il rispetto dei diritti umani e della dignità delle donne». Questo quanto emerso durante il convegno «Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale» organizzato da Se non ora quando-Libere (Snoq-L) giovedì 23 marzo nella sala della Regina alla Camera dei Deputati. A discuterne, un folto gruppo di donne di varia estrazione sociale e appartenenza: personalità politiche di diversi schieramenti, femministe, rappresentanti del movimento Lgbt, del Forum delle Associazioni Familiari, costituzionalisti e medici.

Porre fine al mercato della maternità surrogata

L’obiettivo è quello di trovare una soluzione per bloccare in via definitiva il mercato della maternità surrogata. La modalità per farlo sarebbe insomma quella di portare la questione all’attenzione delle Nazioni Unite. Ma, prima di tutto, pensare al fatto che «se non si diffonde la consapevolezza tra gran parte delle donne – come ha sottolineato Francesca Izzo di Snoq-L – soprattutto delle giovani generazioni, che la maternità non è un peso di cui liberarsi ma una potenza da affermare politicamente e socialmente, nessuna politica davvero innovativa si farà». Anche perché la maternità surrogata, sempre secondo la Izzo, «postula una concezione della maternità che ne distrugge il senso di atto liberamente umano».

Maternità surrogata: un fenomeno incostituzionale. Mater semper certa est

È stata la costituzionalista Silvia Niccolai a porre l’attenzione in ambito giurisprudenziale. Si tratterebbe infatti di un «fenomeno contrario alla libertà femminile e alla libertà di tutti. Il principio “mater semper certa est ci ricorda che la vita umana non è regolata di termini astratti ma da un principio positivo di libertà. Il divieto di surrogazione è un divieto a chi voglia acquisire diritti sul corpo della donna».

Ecco chi dice no all’utero in affitto

Tante le donne che hanno fatto sentire la propria voce per dire no alla pratica dell’utero in affitto durante il convegno di Snoq-L, come la Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, secondo la quale saremmo di fronte a «una schiavitù in una delle sue forme più crudeli. Perché – ha detto – come donna e come madre prima ancora che come ministro non riesco a pensare a qualcosa di più crudele che privare una madre dei propri figli e convincere tante ragazze nel mondo occidentale che privarsi dei propri figli sia un dono. È qualcosa di aberrante, l’ultimo subdolo inganno consumato sulla nostra pelle».

Ad esprimersi anche Mara Carfagna (Pdl), la quale, ha ricordato come la maternità surrogata sia «un’aberrazione contro la quale abbiamo il dovere di alzare la voce e di mobilitarci. Non esiste fronte politico».

Secondo la filosofa e femminista Sylvaine Agacinski si tratterebbe invece di «una questione di civilizzazione». Perché, come ha dichiarato, «dobbiamo salvaguardare la dignità della persona umana. Un embrione non diventerà mai un bambino senza che il corpo di una donna, tutto intero, gli dia la luce. Io sono il mio corpo, la mente e il corpo non sono staccati».

Mentre la ricercatrice Sheela Saravanan (università di Heidelberg) ha messo luce verso la ribellione nei Paesi dove le donne sono più sfruttate come India, Messico, Thailandia e Nepal che da non molto hanno vietano la maternità surrogata agli stranieri.

Stop all’utero in affito: “L’appello all’Onu non basta”

Una voce è arrivata anche dalla comunità Lgbt. Critina Gramolini (presidente di Arcilesbica Milano) ha chiesto di andare oltre la realizzazione di un bando internazionale. «Siamo in Parlamento – ha ricordato – e il divieto previsto dalla legge 40 non basta. Servono politiche dissuasive: chi va all’estero e torna con un figlio deve subire una sanzione amministrativa».

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