“Wallah, Je te jure”, il documentario sui migranti (anche) per i migranti

25 interviste a migranti (e non) per raccontare le storie di chi parte (e di chi resta) dall’Africa Occidentale verso l’Italia. Storie ricche di emozioni e sogni, aspettative e disincanto. “Wallah, Je te jure”, è il documentario del regista Marcello Merletto, realizzato insieme a Elisabetta Jankovic Giacomo Zandonini girato grazie all’agenzia delle Nazioni Unite OIM Niger, Organizzazione Internazionale delle Migrazioni.

Le riprese, realizzate nei primi mesi del 2016 tra Niger, Senegal e Italia, fanno emergere le tante sfumature di un fenomeno così complesso tanto quanto difficilmente compreso. E non si fa parlare solo il ragazzo che racconta le 5 ore di cammino nel deserto per raggiungere la Libia perché “erano finiti i soldi”, l’altro che ricorda l’amico morto tra le sue braccia durante lo stesso cammino o chi finalmente ce l’ha fatta e ammette “se mi avessero detto che era così difficile non so se sarei partito”.

“Wallah” – un modo molto comune nigeriano per affermare “te lo giuro”, alla fine di ogni frase – racconta anche di quelle donne che restano sole con i propri figli perché i mariti (o i figli grandi) sono partiti nella speranza di dar loro un sostegno economico e un futuro migliore, “giurando”, appunto, che ce l’avrebbero fatta ad affrontare il viaggio. Così tra loro ci sono le tante vedove che non rivedranno più i compagni, morti in mare. E ci sono anche quei ragazzi che tornano perché “lo scopo del viaggio è tornare” e far tesoro di quanto appreso dall’esperienza vissuta, per contribuire allo sviluppo del proprio paese di origine. Tra i principali obiettivi, invece, quello di informare i futuri migranti sui grandi rischi che potranno correre, intraprendendo un cammino fatto più di incertezze che possibilità reali.

E dopo la prima internazionale del 15 dicembre a New York, al Quartier Generale delle Nazioni Unite, nell’ambito del Global Migration Film Festival, il viaggio del documentario continua. Per tutto il mese di dicembre, proiezioni a Milano, Roma, Trento, Padova e Napoli. Nel corso del 2017 sono previsti invece numerosi appuntamenti in prestigiose università internazionali: Cambridge University, Sciences PO a Parigi, Stanford, Università del Lussemburgo e altre ancora.

Marcello, qual è il messaggio che vuoi trasmettere tramite questo documentario?

“Mi auguro di aver creato un racconto corale: 25 persone, 25 storie. Chi è deciso a partire e chi vuole tornare a casa, chi credeva di trovare il tesoro arrivando qui in Italia e oggi assapora una grande delusione e chi a casa sua è tornato e ha installato un’azienda attiva che oggi dà lavoro ad altre persone. Chi ha perso soldi durante il viaggio e ora ripartirà da zero. Chi ha perso il marito, chi ha perso tutto. Il documentario non vuole dare risposte, ma forse proprio per questo consente di interrogarsi su un tema così attuale e fare un passo avanti nella comprensione del fenomeno”.

Da dove nasce l’idea di documentare i migranti fin dalla loro partenza?

“L’idea del documentario nasce un anno fa dal desiderio di IOM Niger (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, da quest’anno parte dell’ONU) e in particolare del capomissione Giuseppe Loprete. Un obiettivo del documentario è infatti informare i futuri migranti nei paesi di origine (soprattutto Africa dell’Ovest) sui rischi e i problemi del viaggio verso l’Europa. Qualche giorno fa IOM Niger ha proiettato il documentario nel centro di Agadez, dove siamo stati in gennaio per le riprese, davanti a circa 350 migranti. Agadez infatti è una tappa fondamentale nel viaggio: da lì si parte per affrontare il deserto in direzione della Libia o dell’Algeria, verso le coste del Mediterraneo. Secondo le fonti IOM da Agadez partono ogni settimana 2500 migranti”.

Cosa ti è rimasto di più, o colpito maggiormente, da questa esperienza?

“Cosa mi è rimasto? Tanti volti, sicuramente. Tante storie. Ma anche la bellezza di un continente che emoziona e ti entra nel cuore. Quando eravamo in uno dei ghetti di Agadez, insieme ai ragazzi che aspettano di avere abbastanza soldi per continuare il viaggio e intanto pagano per un posto per terra dove dormire e un pasto al giorno, era forte in noi il desiderio di imprimere i loro volti nella nostra memoria. Sapevamo infatti che da lì a qualche mese qualcuno di loro sarebbe morto. Nel deserto, in Libia, o forse nel mediterraneo”.

trailer Wallah, Je te jure

Documentario sui migranti

Niamey

documentario sui migranti

Il regista Marcello nella casa di Henry Barth, patrimonio dell’Unesco World nel centro storico di Agadez 

documentario sui migranti

 Tramondo a Agadez

documentario sui migranti

In uno dei numerosi ghetti di Agadez, dove i migranti attendono di partire per la Libia

documentario sui migranti

La partenza dei migranti da Agadez verso la Libia

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