Reato di diffamazione e carcere per i giornalisti: in morte della libertà di stampa

C’era una volta l’informazione libera, poi arrivò il reato di diffamazione, d’ingiuria, la depenalizzazione di quest’ultimo, ma adesso torna lo spauracchio del carcere per i giornalisti che diffamano a mezzo stampa la classe politica. Secondo quanto prevede una norma a firma della parlamentare PD ed ex magistrato Doris Lo Moro, la diffamazione a mezzo stampa di un politico o magistrato costerebbe ad un giornalista fino a 9 anni di carcere. La norma, già approvata il 3 maggio scorso dalla commissione Giustizia del Senato verrebbe aggiunta quindi all’articolo 339 bis del codice penale una volta divenuto legge, anche se manca ancora la discussione in Aula.

Nonostante sia palesemente una norma atta a proteggere sempre più la classe politica e i magistrati dalla penna della stampa, la prima firmataria Lo Moro ha spiegato che si tratta di tutelare gli amministratori pubblici da violenze, intimidazioni e minacce che ne vogliano bloccare il mandato. L’approvazione della norma è stata molto confusionaria ed è avvenuta quasi all’unanimità, anche se molti di quelli che l’hanno firmata adesso si dichiarano pronti a volerla modificare. La norma Salva Casta, com’è già stata ribattezzata, non è un gran passo avanti per la libertà di stampa in Italia (già al 77esimo posto nella classifica mondiale) per cui, se dovesse diventare effettiva sarebbe un altro duro colpo per la libera informazione.

Facile per chi ha già di per sé l’immunità parlamentare sentirsi in diritto di mettere il bavaglio, tramite questo tipo di “intimidazioni” a chi potrebbe in qualche modo contraddirli ed informare correttamente il cittadino con la minaccia del carcere per i giornalisti. Il politico, in teoria primus inter pares, evidenzia in questo modo la sua superiorità rispetto al cittadino comune, la cui dignità viene schiacciata dai continui privilegi, economici e no, di cui dispone la classe politica. Se dovessero essere approvate altre norme restrittive, la stampa che, come recita l’articolo 21 della nostra Costituzione, non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure, dovrà quindi dare “l’addio alle armi”, l’addio ai J’accuse…!

Copyright © 2016 Sguardi di Confine è un marchio di Beatmark Communication di Valentina Colombo – All rights Reserved – p. iva 03404200127

redazione@sguardidiconfine.com – Testata registrata presso il Tribunale di Busto Arsizio n. 447/2016 – Direttore Responsabile: Valentina Colombo