A tu per tu con la titolare di “Brownies and Downies” in Sud Africa: “Chiamateli uomini”

“Brownies and Downies“ è un franchising, una catena olandese di ristoranti. Vendono burger, insalate, panini imbottiti e i tipici biscotti chiamati “brownies”, e impiegano, come suggerisce il nome, persone con disabilità intellettive. B/D dà loro un posto di lavoro dove si sentono a loro agio e un sorriso.

Nei Paesi Bassi ci sono più di 50 di questi ristoranti. Noi ne abbiamo scelto uno che dista un po‘ di più: “Brownies and Downies”-ristorante/café di Wendy Vermeulen nella Città del Capo in Sud Africa (qui la loro pagina Facebook).

A causa del covid19 hanno dovuto cedere l’attività, ma speriamo che si tratti solo di una chiusura momentanea e che ritornino il più presto possibile.

Buongiorno Wendy! Presentati!

Ciao. Mi chiamo Wendy Schultz-Vermeulen, e ho 30 anni. Insieme a mio marito, Wade Schultz, abbiamo aperto “Brownies & Downies” nella Città del Capo a febbraio del 2016. Sono nata e cresciuta nei Paesi Bassi e mi sono trasferita in Sud Africa nel 2012. Prima ho fatto un anno di tirocinio come assistente sociale nella Città del Capo.

Raccontaci qualcosa su “Brownies & Downies”.

“Brownies and Downies” è un ristorante/café dove formiamo giovani adulti con disabilità intellettive come la sindrome di Down, autismo, sindrome alcolica fetale e disabilità in relazione al consumo di droghe. Li formiamo nel nostro ristorante in sala da pranzo, cucina e retrocucina. Una volta finita la loro formazione, cerchiamo di poter procurare loro un posto di lavoro in altri ristoranti, supermercati ecc. Finora negli ultimi quattro anni abbiamo potuto trovare posti di lavoro per 25 giovani adulti.

Come ti è venuta l’idea?

Sono un‘assistente sociale e mi è sempre piaciuto lavorare con giovani adulti con delle abilità differenti come per esempio con persone con la sindrome Down o l’autismo. Quando nove anni fa sono venuta in Sud Africa, sapevo che avrei voluto fare qualcosa per aiutare loro. Nei Paesi Bassi, dove sono nata e cresciuta, questo concetto esiste già da alcuni anni. Così ho contattato il proprietario della catena e abbiamo potuto stabilire questa collaborazione.

Ci sono delle attività che non possono svolgere o è possibile compiere ogni tipo di incarico? Ci sono mansioni che risultano più semplici e altre più complesse?

Sotto supervisione riescono veramente a fare tutto. L’unica cosa dove hanno delle difficoltà sono i soldi e l’incassare. Quindi non lo fanno. Ma cucinano, servono ai tavoli, puliscono, preparano il cibo ecc. Naturalmente ci sono quelli fisicamente e psichicamente più forti, che possono fare delle altre cose. Ma tutti hanno i loro compiti da noi.

Non è così che la collaborazione attiva in un ristorante aumenta la loro autostima perché si sentono realizzati?

Sì, definitivamente. In Sud Africa in generale non c’è molto aiuto per i disabili, specialmente per quelli con disabilità intellettive. Molti di loro non hanno l’aspetto di persone disabili, come per esempio chi soffre di autismo o della sindrome alcolica fetale. Quindi cerchiamo di procurare loro un lavoro dopo la formazione, così hanno un compito e un lavoro e vengono pagati come tutti gli altri.

Ci puoi raccontare qualcosa, magari un episodio che ha toccato il tuo cuore, lavorando con loro?

Vogliono solo essere considerati come tutti gli altri. Abbiamo avuto tanti giornalisti e reporter televisivi nel nostro ristorante. Uno dei nostri giovani adulti ha detto che vuole che gli si rivolga come a un uomo. Perché è un uomo e non un bambino. Avrà delle disabilità, ma è come te e me e ha i suoi sentimenti.

Cosa hai potuto imparare da loro, lavorando tanto tempo insieme?

Che niente è impossibile. Sono tutti così positivi, aperti e gentili. Tutte le persone sono i loro amici o possono esserlo. Ciò mi ispira tanto. Loro non giudicano le persone. Ti accettano per quel che sei, senza badare al tuo sottofondo sociale.

Come percepiscono gli impiegati con la sindrome di Down i vostri clienti? Come vengono accettati loro dai vostri clienti?

All’inizio tanti non volevano entrare da noi o pensavano che facessimo cose strane. Ma dopo un po’ la gente ci ha accettato e abbiamo pure clienti che vengono regolarmente ogni giorno.

Nei Paesi Bassi ci sono più di 50 ristoranti/café “Brownies & Downies”. Se qualcuno volesse aprire qualcosa del genere anche in Italia, a chi dovrebbe rivolgersi per un consiglio? Quali capacità e qualifiche ci vogliono?

Dovrebbe rivolgersi alla centrale nei Paesi Bassi. Ma penso che con il Coronavirus, attualmente siano molto cauti nell’espandersi in Europa. È richiesta un po‘ di esperienza commerciale e gastronomica, e come assistente sociale. Dopotutto non è una cosa da niente, è una vera e propria attività commerciale.

Hai detto che, compiuta la formazione, cercate di procurare un posto di lavoro per loro. Raccontaci un po‘!

Quando cerchiamo di metterli in contatto con delle altre ditte, vediamo di integrarli bene in quell’ambiente. Dopo la fase di integrazione, che dura circa due settimane, ci possono contattare ancora per altri sei mesi se dovessero avere delle domande. Normalmente, durante questi sei mesi, abbiamo pure effettuato due visite sul luogo del loro nuovo lavoro.

A causa del Coronavirus, B/D in Sud Africa ha dovuto chiudere. Cosa significa ciò per i vostri impiegati, a parte il fatto ovvio che momentaneamente sono disoccupati? C’è la possibilità che riapriate dopo la pandemia?

Per adesso non abbiamo in progetto di riaprire, almeno non lì dove stavamo prima. A causa del Coronavirus abbiamo dovuto cedere l’attività, lasciare il locale e vendere tutto il mobilio.

Che progetti avete per il futuro?

Potremmo forse riaprire un giorno, magari anche in altre città del Sud Africa. Ma purtroppo per ora non ci sono progetti concreti per il futuro.

Wendy, ti ringraziamo tanto per il tuo tempo e per l’idea preziosa che ci hai dato del tuo lavoro. Buona fortuna per il futuro!

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