“Amavo le donne ma mi sentivo sbagliata”: l’omosessualità negli anni ’80

Quarantasettenne del nord Italia, ci contatta per rendere nota la sua storia. Nata nel 1969, ci riporta (anche) uno spaccato della nostra Nazione durante gli anni ’80, gli anni durante i quali era adolescente. “Non mi piacciono le definizioni – precisa subito – mi ritengo una donna che ama le donne. Non usiamo altre parole o etichette, non le sento mie”.

Allora raccontami di questa donna che ama le donne…

“Sono nata in una famiglia con due genitori che, inizialmente, si sono amati moltissimo ma esistevano solo loro. Noi figli, 5 fratellli, eravamo solo una seccatura. Per questo, da piccoli, siamo stati cresciuti da tate, suore in collegio, etc. Ho sofferto moltissimo la mancanza di questa figura della mamma che c’era ma si esprimeva verso di noi facendoci capire che eravamo un problema. Mia madre non ha mai avuto atteggiamenti materni, affettuosi. Eravamo un fastidio e ci toglieva spesso di dosso.

Poi la situazione è peggiorata. Un mio fratello è morto. Mio padre ha cominciato a guardarsi intorno e mia madre, probabilmente, non bastava più. Era molto più vecchia di lui, quindi lui, essendo un bell’uomo, ha iniziato a interessarsi di altre donne.

Quando avevo 14 anni, lui ha perso la bussola. È sempre stato un gran bevitore e faceva cose che non doveva fare con me e con mia sorella ma non ho mai capito fino a che punto si sia spinto perché era uno dei tanti argomenti taboo della famiglia. So cosa era capitato a me. Lui poi è andato in cirrosi epatica e per me è terminato il periodo di inferno. Dopo mesi di ospedale, è tornato a casa. Ho raccontato questo fatto a mia madre perché avevo bisogno del suo sostegno. Lei ha radunato la famiglia: invece di aiutarmi, mi ha chiesto di ripetere davanti a tutti quello che avevo detto. Mio padre ha detto che mi ero inventata tuttto e sono stata mandata da uno psicologo, il quale ha liquidato il tutto sostenendo che volevo solo attirare l’attenzione”.

Neppure lo psicologo ha creduto che fosse vero quello che raccontavi?

“Non lo ha creduto perché mia madre glielo ha smentito. Anche perché mio padre era un medico molto stimato in paese, quindi non poteva essere vera una cosa così.

Quando mio padre è uscito dall’ospedale, però, ha ricominciato a cercare altre donne, persino un’amica di mia sorella di 17 anni. Mia madre ha iniziato a bere. Una sera sì e una sera no, c’erano scenate e litigate fino alle 3 del mattino. Mio padre si chiudeva in camera e noi ci dovevamo occupare di lei, poi la mattina ci alzavamo presto per andare a scuola.  

Io frequentavo la chiesa, studiavo dalle suore e loro mi dicevano che era sbagliato quello che facevo, che erano sbagliate le sensazioni che provavo per le donne, che dovevo guarire, che era una cosa malata”.

A che età ti sei innamorata per la prima volta?

“A 15 anni: mi sono innamorata di un compagno e di una compagna. Le suore si sono accorte solo del mio innamoramento verso il ragazzo. Visto che era figlio di operai, ci hanno separato, cambiandogli la classe. Avevo questi primi amori confusi, ero confusa anche io. La chiesa mi diceva che ero sbagliata e quindi dovevo combattere questa cosa. Quindi nel lasso di tempo degli anni del liceo, pur prendendomi delle cotte per delle ragazze, mi sono messa con una decina di ragazzi. Tutti ragazzi che mi facevano il filo. Io ci stavo perché volevo ‘guarire’, perché mi dicevano che ero sbagliata”.

Eri convinta anche tu di essere ‘sbagliata’?

“Ero convinta… non conoscevo donne omosessuali, non conoscevo questa realtà. Ero terrorizzata, mi dicevano che ero sbagliata io. Quindi cercavo di guarire”.

Cosa ti ha fatto cambiare idea?

“L’aver frequentato l’università perché sono andata via da casa, ho conosciuto delle donne e ho potuto avere delle storie con loro”.

E in quel momento ti sentivi ancora sbagliata? Cosa pensavi?

“Che era bello, che era strano, che esistevano anche altre donne che provavano le mie stesse sensazioni. Non pensavo più di essere sbagliata, avevo superato la fase ed avevo finalmente potuto baciare una donna ed è stata una delle cose più belle che mi potesse capitare. Una sensazione bellissima. Ormai, però, tutto quello che avevo fatto l’avevo fatto”.

Quello che avevi fatto, in che senso?

“Di cercare di guarire, di stare con i ragazzi. Non rinnegavo tutto quello che ho fatto ma mi rendevo conto che non mi innamoravo mai, ci provavo e facevo soffrire i ragazzi. Insomma, i tempi prima erano quelli: ti dicevano che era tutto sbagliato e io ci credevo.

Oltre gli abusi di mio padre, ho subito anche abusi da un amico di famiglia. Quando l’hanno scoperto, l’hanno allontanato da me. Avevo circa 13 anni, ci mandavano a giocare a tennis da lui: quando finivamo, piazzava mio fratello davanti alla tv con un gelato e invitava me a ‘giocare’ con lui.

Insomma, penso che questi accaduti mi abbiano resa una donna che ama ‘solo’ le donne. Non sono mai riuscita ad avere con gli uomini la spontaneità e la dolcezza che ho con i rapporti con le donne e non mi sono mai innamorata di un uomo”.

Credi che, senza questi accaduti, ti saresti innamorata anche di un uomo?

“Non lo saprò mai. Ho preso delle cotte per dei ragazzi ai quali ho voluto tanto bene. Però, alla fine, gli uomini non mi hanno mai coinvolto quanto mi ha coinvolto una donna. Non escludo di potermi innamorare di un uomo, non mi è mai capitato. Però per quanto riguarda il rapporto sessuale, la sessualità: con le donne mi sento a mio agio, con gli uomini mi irrigidisco, ho paura, ho paura della penetrazione e questo è frutto di quello che mi è successo”.

Mi racconti la tua prima vera storia d’amore?

“La vera storia d’amore, ad armi pari, è stata con una ragazza più o meno della mia età, avevo 19 anni. Ci siamo conosciute in collegio dalle suore. Appena l’ho vista mi è mancato il respiro e ho pensato ‘quanto è bella, deve essere mia’ e così è stato. Lei era fidanzata con un ragazzo e non era mai stata con delle donne. L’ho corteggiata in una maniera spasmodica e l’ho conquistata. È stato bellissimo. L’ho amata, l’ho amata perdutamente. Però nessuno aveva insegnato a me o a lei com’è fare l’amore tra donne. L’ho imparato in un secondo momento com’era fare l’amore con una donna.

La storia con lei è stata una spina nel fianco: un grandissimo dolore per me. Quando è finita tra noi, ha deciso di restare con il suo ragazzo. Ho sofferto tantissimo e soffriva anche lei però siamo riuscite a rimanere amiche e volerci bene. Anche dopo l’università ci vedevamo e lei mi trattava come una principessa. Si era intanto fidanzata con un altro ragazzo e lei sognava di avere dei figli.

Nel corso della mia vita sono rimasta in contatto con lei. Ad un certo punto, però, la chiamavo e non mi rispondeva. Ho scoperto che stava vedendo una donna che, purtroppo, era gelosa di quello che siamo state noi e quindi non mi voleva più nella sua vita. Ero incredula, non riuscivo ad accettare la situazione e abbiamo litigato. Non ci siamo più parlate. Poi, ho cercato, negli anni, di ricucire. So che, in seguito, ha avuto un figlio: non so come e con chi. Una delle ultime volte in cui abbiamo parlato, mi ha fatto male: mi ha detto che non era stato questo grande amore di cui io parlavo.

Altra storia l’ho avuta mentre lavoravo in una comunità di recupero, mentre non stavo più con la mia prima ragazza ma ero ancora innamorata di lei. C’era una ragazzina di 14 anni, io ne avevo 20. Lei aveva una brutta storia familiare alle spalle, io ero una delle sue educatrici, la aiutavo a fare i compiti, la portavo a scuola e la andavo a prendere. Parlavamo molto ed è successo che lei, con il fatto che fossi grande e una educatrice, mi vedeva in un modo speciale. Io invece la vedevo come una ragazza con cui potevo stare. Non c’è stato con lei poi tutto quello che ho avuto con altre donne, è stato un rapporto semplice ed innocente, non sapevo neppure ancora come funzionasse con altre donne. C’è stata questa grande attrazione tra noi e non abbiamo potuto resistere.

Tra le altre, c’è stata quella che definisco la donna della mia vita. L’ho conosciuta nel ’93, ero al terzo anno di università, avevo 24 anni ed ero in Irlanda. Ero in una libreria con una amica, piangevo sempre per aver lasciato la ragazzina della comunità: l’avevo fatto perché era troppo piccola. Ad un certo punto, da lontano, vediamo questa ragazza solare, alta, bella. Ci chiede se fossimo italiane e sorride. Da lì è nato tutto, abbiamo iniziato a parlare e raccontarci tutto. Mi sgridava per essere stata con la ragazzina di 14 anni. Stava con me fino alle 4 della mattina: ci facevamo le coccole, mano nella mano ma non si è mai concessa e non mi ha mai fatto capire che provasse qualcosa per me. Anni dopo mi ha raccontato che, in quegli anni, stava passando la fase che io avevo già passato. Da cattolica ‘bacchettona’ non si accettava. Quindi mi teneva a distanza ma era attratta da me e me lo ha detto solo anni dopo, quando siamo state effettivamente insieme, nel ’98: avevo 29 anni, siamo state insieme per un paio di anni. Finalmente con la donna della mia vita”.

Vivevate insieme?

“Mai convissuto con nessuna. Stavamo insieme a distanza. Poi lei si è innamorata di un’altra e mi ha lasciato. Però non è mai finita, fino al 2009, quando è comparsa un’altra donna della quale mi sono innamorata. Nel frattempo sono stata con una donna che ha raccolto i cocci lasciati dalla donna della mia vita. Parliamo della fine del ’99. Io stavo male, lei stava male per un’altra storia finita e ci siamo trovate. È stata lei che ha cominciato a corteggiare me: era gentile, colta, intelligente, mi piaceva. Non ero innamorata di lei ma mi piaceva il suo modo di essere e fare e la sua intelligenza e il fatto che fosse molto più grande di me. Lei non accetta che io la chiami amica, perché in tal caso vorrebbe sparire dalla mia vita. Facciamo una vita insieme ma ognuno a casa sua. Ci si vede nel fine settimana e non facciamo l’amore da anni”.

Ma tu, in tutti questi anni, hai avuto altre storie?

“Niente di importante fino ad ora. Ora ho trovato una donna che mi ha emozionato un’altra volta quando ormai credevo fosse finita la ‘stagione’. Lei ha 14 anni in meno di me.

…Devo dire che a vent’anni ho scoperto l’America, scoprendo che ce n’erano tante come me: si erano aperte le porte, la curiosità. All’inizio facevo l’amore al buio, non guardavo la partner negli occhi. L’altro giorno, ho guardato questa persona negli occhi ed è stato bellissimo. È stato un percorso faticoso psicologicamente ma anche fisicamente. Ho trovato pace ora con me stessa”.

Hai mai subito discriminazioni o hai sempre vissuto di nascosto?

“Ho sempre vissuto di nascosto ma ho subito discriminazioni quando sentivo la gente che derideva le categorie e ne ho molto sofferto perché ero lì in ‘incognito’. Mi è capitato anche di essere codarda: ridevo perché facevano delle battute sui ‘finocchi’ e ridevo perché avevo paura di essere ‘riconosciuta’. Quindi sono stata poco onesta”.

Non hai mai pensato di affacciarti in qualche associazione Lgbt?

“Per un periodo ho frequentato l’Arcygay della mia zona. Ho fatto anche il corso di telefono amico per aiutare le persone che chiamavano ma mi sembrava tutto così triste. All’epoca eravamo ghettizzati, ci nascondevamo e stavamo tra di noi. Non aveva uno scopo particolarmente utile, era circa il 1996”.

Come ti vedi nel futuro?

“Questa domanda non mi piace. Ho paura, continuo a rimanere ferma dove sono e soffro per questa cosa, soprattutto ora che mi sono innamorata di una persona che non potrò avere perché sta con un uomo e non può stare con me, vive da un’altra parte e la sua vita deve proseguire così”.

La tua maggior paura?

“Di non potermi innamorare più. Ora che mi è successo e mi ricordo quanto è bello e soprattutto che vedo quanto è bello quando sei corrisposto. Spero di poterlo vivere sempre, ancora, perché è una sensazione troppo bella”.

La tua canzone preferita?

“Una? Limitativo. Direi ‘Come un pittore’ dei Modà. Quella del momento è ‘Bene se ti sta bene’ di Arisa che è contestuale a quello che sto vivendo. Poi, ‘Magari’ di Renato Zero”.

Vuoi aggiungere altro?

“Le persone che nella vita non si sono mai innamorate, potrebbero anche evitare di vivere. Se non ami nemmeno una volta nella vita, la vita non vale nemmeno la pena di essere vissuta.

Non sono una santa, non sempre sono orgogliosa di tutto quello che è stato il mio passato. Mi giustifico e mi racconto che, se delle volte sono stata poco onesta, è perché nella vita ho subito delle brutte cose. Però ho usato la parola ‘giustifico’. Quando parlo da sola con me stessa mi rendo conto solo che sono stata disonesta. Ho pianto tantissimo per amore e ho fatto stare male tantissime persone. La prima volta che sono stata male io, per una donna, mi sono resa conto di cosa significasse. Prima non me ne rendevo neppure conto molto e non lo capivo”.

Copyright © 2016 Sguardi di Confine è un marchio di Beatmark Communication di Valentina Colombo – All rights Reserved – p. iva 03404200127

redazione@sguardidiconfine.com – Testata registrata presso il Tribunale di Busto Arsizio n. 447/2016 – Direttore Responsabile: Valentina Colombo