App Immuni e gender gap: siamo sicuri che ci si “offenda per nulla”?

Non esiste più nulla in cui qualcuno non si senta offeso da qualcun altro”, leggiamo oggi sui social. “Non è possibile protestare su qualsiasi cosa”, replica un altro. Ma siamo così sicuri che ci si “offenda per nulla”? I simboli sono importanti, indispensabili per l’essere umano e per la formazione della cultura. E allora sì, se nel 2020 la fatidica App Immuni ci presenta, tra le schermate iniziali, un’immagine stereotipata della donna madre e dell’uomo lavoratore (in smart working) ci permettiamo di “protestare”.

L’equazione è semplice. In una sola immagine il nostro Stato ha contribuito ad aumentare il gender gap, dopo tanti anni di lotte e battaglie. E se in tanti ancora stanno storcendo il naso, facciamo parlare i numeri, gli stessi che abbiamo riportato presentando il nostro eBook, Sguardi di Donne, online dall’8 marzo scorso: l’Italia è al penultimo posto nell’Unione Europea per occupazione femminile. A livello nazionale siamo al 49% (32% nel Meridione) mentre la media europea è il 62%. Questo nonostante le donne si laureino in numero superiore rispetto agli uomini e con votazioni più alte. Inoltre, se pensiamo all’ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics ndr.), le donne hanno un tasso di occupazione del 85% al posto del 92,5% degli uomini e, quegli stessi uomini, a 5 anni dalla laurea hanno una retribuzione superiore del 23,6%. Lo stesso gender gap è dimostrato, ovviamente, anche dalla (quasi) nulla rappresentanza delle donne ai piani alti, tra Governo e Istituzioni varie.

Insomma, occupazione, retribuzione e rappresentanza sono tre dati concreti ed evidenti che testimoniano come le donne siano davvero, ancora, una categoria discriminata. E poi l’altro tema caldissimo, per il quale basta la sola parola: femminicidio. Ogni 72 ore muore una donna uccisa dalla furia omicida (quasi sempre) del proprio compagno, mentre ogni 15 minuti una donna è vittima di violenza (sempre parlando solo della “civilizzata” Italia).

Un altro dato? Proprio a causa della pandemia – e relativo lockdown – l’occupazione femminile italiana è diminuita ancor di più. Dalle nuove stime Istat del mese di aprile apprendiamo che il calo è stato sì generalizzato ma, ancora una volta, la percentuale maggiore è “conquistata” dalle donne: -1,5%, pari a -143mila, a fronte di quella degli uomini a -1,0%, pari a -131mila.

E poi, diciamolo pure ad alta voce: non tutte le donne, per forza, si sentono madri. Non tutte le donne devono sentire il “peso sociale” di essere madri, altrimenti sono fuori dalla storia. Non tutte le donne, infine, hanno la possibilità di essere madri, nonostante il forte e archetipico desiderio, e in una sola immagine si vedono tutta la sofferenza piombar loro addosso.

Quindi sì, dobbiamo stare attenti ai simboli. E così, dopo la segnalazione della deputata Anna Paola Concia del 3 giugno (rivolta alla ministra Elena Bonetti – pari opportunità – e alla ministra Paola Pisano – educazione digitale), l’immagine “fuori dal tempo e dalla storia”, è stata modificata… Ora è un uomo a tenere in braccio un bambino e la donna un pc. Forse sarebbe stato meglio rappresentare solo due soggetti affacciati alla finestra? Tant’è. Ma almeno un piccolo cambiamento è stato fatto.

Il nostro pensiero va, allora, a tutte quelle donne e associazioni che, con grande audacia, portano avanti la causa. Pensiamo, tanto per citarne una tra tutte, a Inclusione Donna, un’iniziativa che riunisce 60 associazioni e decine di migliaia di donne in tutta Italia. O a Féminin Pluriel, network internazionale femminile, rappresentato nel Bel Paese da Diana Palomba. E a tutte le donne del nostro eBook. Ad maiora. Perché di strada ce n’è ancora molta, troppa da percorrere.

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