Assassinio giornalista slovacco: il crimine organizzato esiste solo quando scorre il sangue di chi si ribella

La mafia torna a colpire la stampa libera, da sempre uno degli “organi” più temuti dal crimine organizzato. I giornalisti sono stati sempre uno dei bersagli preferiti dalle mafie, proprio perché riescono a svelare ciò che invece dovrebbe rimanere nascosto. Il caso del giornalista slovacco Ján Kuciac, ucciso con la fidanzata Martina Kusnirova nella sua abitazione vicino Bratislava, è solo l’ultimo dei delitti di mafia contro la stampa.

Kuciac era un giornalista investigativo che si occupava di frodi fiscali in cui erano coinvolti alcuni membri del governo dell’attuale Presidente del consiglio Robert Fico. Le indagini di Ján Kuciac sui presunti legami tra esponenti del governo Fico con la ‘ndrangheta calabrese hanno portato ad un repentino blitz della polizia, conclusosi con l’arresto di sette italiani: Antonino Vadalà, imprenditore legato alla criminalità organizzata calabrese che gestiva milioni di fondi dell’UE in Slovacchia, i fratelli Sebastiano e Bruno Vadalà, il cugino Pietro Catroppa, Diego e Antonio Roda e un altro Pietro Catroppa. Tutti gli indagati sono stati già rilasciati dopo 48 ore per mancanza di prove, lasciando il caso ancora irrisolto.

È ormai cosa nota che le mafie si siano spostate al nord Italia e all’estero, mettendo le mani su più settori, dal fotovoltaico all’immobiliare. Come spesso accade però ci si accorge che il crimine organizzato esiste soltanto quando scorre il sangue di chi si ribella. È già successo in Sicilia, quando la gente prese veramente coscienza della mafia a seguito degli omicidi di Falcone e Borsellino e accade pure oggi. La Slovacchia, come qualsiasi città d’Europa o del mondo, non è esente dall’insediamento mafioso.

La ‘ndrangheta, la camorra e Cosa nostra, vivono e operano nell’oscurità, facendo affari con i più potenti. Una delle più grandi minacce per i mafiosi sono proprio i giornalisti che grazie alle loro inchieste svelano i loro legami con la politica. Chi prova a colpire la mafia al cuore, come giornalisti, magistrati o membri delle forze dell’ordine, fa quasi sempre la stessa tragica fine.

Ján Kuciac e Martina Kusnirova sono soltanto gli ultimi martiri della crociata contro le mafie, il cui esito è, purtroppo, sempre lo stesso. Nel 2017 anche la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia ha trovato la morte in un attentato, per le sue inchieste contro la corruzione a Malta. Prima di loro, nel 2006, ha fatto scandalo la morte della giornalista anti-Putin Anna Stepanovna Politkovskaja, uccisa proprio il giorno del compleanno di Vladimir Putin. Tutto ciò porta a due conclusioni: la Mafia non è soltanto un affare italiano e la stampa libera è spesso l’agnello sacrificale del malaffare.

Cosa succederà adesso in Slovacchia? L’omicidio ancora impunito di Kuciac e della fidanzata produrrà soltanto l’indignazione del popolo slovacco oppure diffidenza e odio verso gli italiani nel paese? Il disprezzo verso il diverso, visto come una minaccia, potrebbe portare a episodi di discriminazione, anche se si spera sempre che ciò non avvenga. Sradicare totalmente la mafia dalla Slovacchia o da qualsiasi altro paese sembra impensabile. Nonostante tutto la si può combattere e provare a distruggerla.

Come diceva Giovanni Falcone: “La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”. La tragica morte di questi nuovi martiri della giustizia deve far muovere le coscienze dei popoli su un fenomeno verso il quale si gira la testa dall’altro lato e lottare contro ogni tipo di mafia, affinché la terra non si macchi più di sangue innocente.

 

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