Costretto a sei anni ad imparare a combattere in Siria, Alvin un bambino di Lecco è stato rapito dalla madre e ora in un campo di addestramento per giovani jihadisti del Califfato, imbraccia un kalashnikov.
Ad allontanare il bambino dai banchi di scuola è stata la madre Valbona Berisha, 32 anni, musulmana che ha deciso di partire abbandonando le altre due figlie ed il marito.
Pochi giorni prima del Natale del 2014, Valbona e Alvin spariscono a bordo di un volo diretto in Turchia, partito dall’aeroporto di Bergamo. A denunciarne la scomparsa è il marito Afrimm Berisha che da quel giorno non si dà pace. Esaminando il materiale ritrovato nel computer della donna, si comprende che la sua è stata una radicalizzazione molto rapida, avvenuta attraverso la propaganda web di Daesh.
Il cellulare di Valbona è stato localizzato per l’ultima volta ad Al Bab, una località vicina al confine con la Turchia e sotto il controllo dell’Isis. Sarà lì che il marito riuscirà a contattarli telefonicamente. “Ho paura – diceva Alvin al padre – perché ci sono gli aerei che lanciano bombe. Voglio tornare a scuola”. Inutili le suppliche del bambino e i tentativi del padre di convincere la donna: “Mandami il figlio e tu stai e fai quello che vuoi”.
La foreign fighter “vestita come un ninja” come racconta Alvin, gli ha cambiato il nome in Jusuf, lo ha fatto circoncidere e lo trascina a pregare in moschea cinque volte al giorno. “Tanto moriremo lo stesso” sono le ultime parole di Valbona prima di interrompere la chiamata e far perdere le tracce di sé disattivando il gps del cellulare.
L’uomo cerca due volte di recarsi in Siria: al primo tentativo viene respinto, mentre al secondo, avvenuto lo scorso marzo, scopre che i suoi intermediari erano truffatori alla ricerca di denaro.
Al momento non si hanno notizie dei due ma l’indagine coordinata dal pm Gobbis e condotta dai carabinieri del Ros e di Lecco non si arresta. Sulla donna infatti, dallo scorso novembre, pende l’accusa di associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale e l’accusa di abbandono e sottrazione di minore.
I bambini soldato la “generazione più pura” per Daesh
Lo spazio di motivazione e reclutamento dei minori nel territorio di Daesh è sicuramente la scuola, il cui piano educativo è finalizzato al consenso ideologico e alla pratica della violenza in difesa della jihad. Qui le materie come l’arte, la musica e il disegno vengono cancellate e sostituite con la memorizzazione del Corano, della legge e la pratica frequente della preghiera. Gli istituti scolastici comprendono anche delle palestre specializzate dove si usano armi da fuoco e si impara a combattere.
Si tratta di un addestramento militare vero e proprio, attraverso cui questi giovani assimilano la violenza come una componente quotidiana e legittima nella loro vita.
Per i leader del Califfato le nuove leve rappresentano una risorsa fondamentale perché “invece di essere convertiti ad un’ideologia radicale, sono stati indottrinati con questi valori sin dalla nascita, sono visti come una generazione più ‘pura’ e hanno una maggiore possibilità di raggiungere il martirio rispetto alla generazione attuale”.
Indifesi, ingenui e senza esperienza sono i bambini le principali vittime, ma anche il potenziale futuro per Daesh.
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