Caizzone e i suoi ragazzi per difendere le vittime di malagiustizia

«Siamo noi i nuovi poveri» dice Mario Caizzone a nome dell’Associazione Italiana Vittime di Malagiustizia, «clandestini in patria, categoria di invisibili». L’ha vissuta in prima persona il presidente di AIVM: ci ha messo ventidue anni per dimostrare la sua innocenza e ottenere finalmente il certificato penale pulito con cui ha potuto ricominciare a vivere.

Tuttavia non sono state rabbia e risentimento a motivare l’avvio dell’associazione a tutela delle vittime di malagiustizia, lo si capisce dall’entusiasmo che Mario ha saputo trasmettere ai ragazzi che lo circondano, molti dei quali laureati e preparati professionalmente.

Il problema malagiustizia non lo conosce nessuno. I mezzi di informazione si occupano solo dei casi che riguardano sempre dei soliti noti che fanno clamore, dimenticando totalmente la dimensione del fenomeno. Nell’immaginario comune vicende come quella di Caizzone sembra siano dovute al destino crudele, alla sfortuna di avere incontrato persone non proprio per bene, casi veramente rari.  

Invece no, non è così. Sono migliaia le storie raccontate nel sito dell’associazione, migliaia di drammi che nessuno nota perché riguardano cittadini qualunque. E il risarcimento da parte dello Stato per i cittadini che vengono riconosciuti innocenti? «A chi prende contatto con l’associazione spieghiamo di non fare troppo affidamento sul risarcimento statale. Chi riesce a ottenerlo, e i casi sono rarissimi, è perché era in grado di pagarsi un buon avvocato». Ma si tratta di casi molto circoscritti. Che danno vita a cause complicatissime e incerte, quasi sempre destinate a infrangersi contro il muro di gomma dell’amministrazione giudiziaria».

La mission, anzi, la “missione Francescana” come amano definirla i volontari dell’associazione, è propositiva: finalizzata al miglioramento delle prassi ed al superamento degli ostacoli che impediscono il corretto funzionamento degli apparati burocratici, principalmente attraverso l’attività dell’osservatorio che si alimenta quotidianamente di casi concreti. Pertanto non solo critiche ma ascolto, aiuto ed elaborazione di informazioni, suggerimenti e proposte migliorative rivolte agli organi competenti. Confidando nell’ascolto.   

Di seguito la nostra chiacchierata con il dottor Caizzone, la dottoressa Elisa Fasolin (segretario generale) e due ragazzi dello staff, Serena Traniello e Lorenzo Staiano.

Intervista di Claudio Bottan in collaborazione con Valentina Colombo

 vittime malagiustizia

“La mia storia è lì, chi vuole se la legge sul sito – ci dice subito Caizzone – Ho 58 anni e voglio dedicare il mio tempo agli altri. Non voglio che succeda ad altri quello che è successo a me. Ho perso più di 20 anni della mia vita e non ho nessuna intenzione di fare il parlamentare, non ho intenzione di andare in tv per far soldi, non cerco visibilità, non ho intenzione di andare in giro a raccogliere fondi.

Noi siamo qui, ho messo a disposizione la mia esperienza, questa associazione sta funzionando e c’è tanta gente che ci crede e aiuta a titolo gratuito.

Si tratta di un progetto innovativo. Per me è gratificante quando riusciamo a dare un sollievo a una persona oppure dare la forza alle persone di dire ‘basta, mettiamo nel dimenticatoio e andiamo avanti’. È inutile continuare ad andare dagli avvocati in alcuni casi. Servono, a volte, avvocati coscienziosi che dicano ‘si rassegni, pensi al lavoro, alla famiglia’.

Nel mio caso, a un certo punto ho dovuto fermarmi e dire ‘basta’.

Quindi una delle nostre missioni è questa. Tra l’altro, lo facciamo anche perché non rappresentiamo a livello giuridico queste persone: per quello restano i relativi avvocati”.

Dottor Caizzone, perché ritiene di esser stato vittima di malagiustizia?

“Sono stato indagato per reati finanziari: mi hanno indicato come parte del consiglio di amministrazione di una società nella quale io non ricoprivo nessuna carica. Bastava andare in Camera di Commercio per verificare, invece ci sono voluti più di 20 anni, durante i quali la mia vita è rimasta sospesa. Ma ciò che è passato è che io fossi coinvolto in reati finanziari. Sono stato malconsigliato e non mi sono saputo difendere. Per questo, la nostra associazione dovrebbe anche essere un punto di riferimento per le persone in difficoltà. E questo si può fare solo se si opera a titolo gratuito.

Noi abbiamo la nostra Carta dei Valori e la gratuità è uno dei nostri punti forti. Nel momento in cui devi lasciare un rimborso economico, tutto cade. Se vengono due persone, uno che ha 100 euro e uno che non ne ha, scegliamo chi non ne ha. Perché quello che ha 100 euro può trovare qualcun altro a cui rivolgersi.

Noi non chiediamo niente a nessuno, chi vuole fare donazioni le faccia. La nostra forza è quella di convincere che il nostro è un lavoro valido per gli altri. Di fatto, altra regola importantissima, è che chi si rivolge all’associazione, non può diventare cliente del mio studio di commercialista e non suggeriamo neppure avvocati”.

Quante vittime di malagiustizia di rivolgono a voi annualmente?

“Si sono già rivolte oltre 5mila persone. Prima di tutto, chi si rivolge a noi deve compilare un questionario. Mentre per far parte dell’associazione, abbiamo delle convenzioni con le università. I ragazzi partecipano all’attività tramite gli stage formativi delle università, poi ci sono anche avvocati, medici e giornalisti che fanno parte della rete”.

vittime malagiustiziaElisa, com’è strutturata AIVM?

“Il primo contatto è l’ascolto con le persone che si ritengono vittime di malagiustizia. Il contatto avviene sia tramite telefono che via mail. Prima di tutto devono compilare il questionario dove chiediamo le informazioni di base e poi di consegnarci la documentazione ufficiale che è la base tramite la quale i volontari della parte legale fanno il punto della situazione.

Quindi, tutti insieme, cerchiamo di capire quali sono le strade che si possono intraprendere e cosa può fare l’associazione per aiutare queste persone. Cerchiamo quindi di far prendere coscienza alle persone dello stato in cui si trovano.

Le informazioni raccolte dal centro di ascolto vengono poi passate all’osservatorio e quindi archiviate nella banca dati. Si monitorano quindi i casi: aree geografiche più interessate, ambito civile, penale e quali sono i principali casi che emergono.

I dati vengono quindi trasferiti al centro studi, formato da avvocati e giuristi che elabora anche proposte di legge in base alle problematiche che emergono. Ad esempio, è stata presentata una bozza di proposta in commissione giustizia in Parlamento su tematiche riguardanti la carcerazione preventiva. Il centro studi, quindi, cerca di studiare le problematiche emerse dal lavoro dell’associazione. 

In tutto, siamo attivi una media di 10 persone al giorno. Importante è ricordare che qui si fa formazione: i ragazzi che passano da qui, poi, trovano subito lavoro”.

C’è una prevalenza geografica delle persone che si rivolgono a voi? E gli ambiti della giustizia prevalenti?

“Da tutta Italia, hanno scritto dal nord al sud. Per l’ambito giudiziario, si passa dal pignoramento, dal penale, alla violenza sessuale, all’abbandono della famiglia”.

Avete incontrato dei casi in cui capite che non si tratta, chiaramente, di malagiustizia?

“Una buona fetta. Quando facciamo notare di cosa si sta parlando, loro cercano scuse. Quando capiamo che si tratta di situazioni delicate, chiediamo di farci scrivere la storia dal loro avvocato. Non li cacciamo via, ma li mettiamo in condizione di capire che non c’è nulla da fare”.

vittime malagiustiziaSerena, presentati e raccontami di cosa ti occupi all’interno di AIVM?

“Sono laureata in giurisprudenza alla Bocconi di Milano, ho 25 anni e sono in AIVM da fine settembre. Inizialmente, mi sono ritrovata un po’ spaesata perché era per me la prima esperienza di lavoro e non prettamente di studio. La prima settimana sono stata affiancata dagli altri volontari.

Mi occupo del centro di ascolto. Ricevo mail e telefonate, vedo di cosa si tratta, mando il questionario e richiedo i documenti. Poi c’è la fase di analisi del caso: alcune volte è di immediata comprensione, sia dal punto di vista della semplicità del caso – per quanto possa essere semplice una vicenda giudiziaria – sia dal punto di vista del comprendere se si tratta di una vittima di malagiustizia realmente o no.

Il ventaglio di casi è veramente ampio. Civile, penale, c’è veramente di tutto. In questi tre mesi, ho visto passare sotto i miei occhi di tutto. La difficoltà, in certi casi è di staccarsi dalla vicenda, soprattutto quando si tratta di storie dolorose di sofferenza.

Leggendo i documenti ci si rende conto di cosa si tratta. Io non mi sento in grado di giudicare la bontà della sentenza di un collegio di giudici che, ovviamente, hanno molta più esperienza di quella che può essere la mia. Però ci si rende conto se, effettivamente, quella persona potrebbe essere stata vittima di una negligenza o noncuranza nelle indagini.

Quando si tratta di questo tipo di reati, però, è difficile dare il giusto peso a quello che ti dice la persona e di quello che leggi sui documenti. Perché non sai mai da che parte sia la verità.

Poi, alcuni (sia nel civile che nel penale), telefonano e scrivono e vanno subito come un treno, convintissimi di essere non solo vittime di malagiustizia ma anche di cospirazioni di logge massoniche o di caste: lì è importante parlare con la persona e cercare di riportarla sul pianeta terra.

Invece, ci sono molti che, obiettivamente, sono incappati in errori o negligenze da parte di avvocati”.

Pensi che questo percorso ti serva per la tua formazione?

“Serve molto. In 5 anni di università mi era capitato di vedere forse un paio di sentenze, in questi tre mesi ne ho viste tantissime. Anche noi, forse, torniamo sul pianeta terra: dai banchi di scuola in cui ti spiegano la norma, come si applicano etc, poi vedi che le aule di tribunale non sono il mondo idilliaco che uno studente si aspetta”.

vittime malagiustiziaLorenzo, qual è la tua formazione e il tuo ruolo in AIVM?

“Sono studente di editoria alla statale di Milano. In AIVM, da ottobre, mi occupo di comunicazione: gestisco il sito e i canali social dell’associazione. Da una parte, cerchiamo di fare da cassa di risonanza ad alcune notizie che arrivano tramite la rassegna stampa. Dall’altra, invece, vista la difficoltà dei cittadini, di approcciarsi in ambito giuridico, cerchiamo di spiegare alcuni concetti che altrimenti non sarebbero molto comprensibili.

Noi che non siamo giuristi, insomma, cerchiamo di fare un passaggio di mediazione in questo ambito e quindi di rendere i cittadini o le persone che si rivolgono a noi, più consapevoli di quello che sta succedendo. Se la persona arriva in Cassazione e chiede se può fare altro, non sa quali sono i passaggi che ha fatto precedentemente e cosa lo aspetta.

Lo facciamo tramite il sito, sia presentando le esperienze (in forma anonima) delle storie di chi si rivolge a noi e ci dà il permesso di pubblicarle, sia facendo un glossario giuridico e postando articoli su passaggi di processi, nella sezione blog”.

Cosa ti ha spinto a scegliere di far parte di AIVM?

“Perché si tratta di una associazione di volontariato. Ho fatto volontariato per tanti anni e poterlo fare ora, in questo ambito, mi stimolava. Penso che possa servirmi per la mia formazione anche perché quello che faccio – quindi comunicazione – per gli strumenti che uso, si può riconvertire in qualunque ambito”.

Il commento di Claudio Bottan

Quando l’anno scorso mi è stato concesso l’affidamento in prova come misura alternativa al carcere, ho iniziato il percorso ad ostacoli che vive chiunque esca da un periodo di detenzione. Ho contattato l’associazione AIVM perché sentivo il bisogno di avere un punto di appoggio, semplicemente qualcuno che mi ascoltasse.

Dopo qualche giorno ho incontrato il dottor Caizzone con Elisa e ho avuto la possibilità di parlare liberamente delle paure, ma anche delle difficoltà pratiche che mi assillavano dovendo ricominciare tutto da capo.

Frequentando l’associazione ho incontrato disponibilità all’ascolto e consigli preziosi, che mi hanno permesso di trovare una nuova stabilità. Per questa ragione ora intendo collaborare alle attività di AIVM, mettendo a disposizione la mia esperienza a quanti si dovessero trovare nelle stesse condizioni.

La gratuità del sostegno che ho ricevuto è un valore che raramente si incontra; è questo il vero patrimonio di AIVM, da proteggere e sostenere.

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