CasaPound e Forza Nuova oscurate dai social: i confini della tolleranza

«Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo», si dice. Spesso vantandosi di citare una frase di Voltaire, in realtà arbitrariamente inventata dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall nella biografia “Gli amici di Voltaire”.

Tant’è, insomma, che nemmeno l’illuminista francese pronunciò tale pensiero. Fatto sta che in queste ore, dopo la notizia della cancellazione su Facebook e Instagram dei profili nazionali di CasaPound e Forza Nuova (oltre a quelle di numerosi responsabili nazionali, locali e provinciali, compresi quelli degli eletti in alcune città italiane), in tanti si appellano al diritto di “difendere la libertà di espressione”… “fino alla morte”, ça va sans dire.

Difendere la libertà di espressione senza se e senza ma?

Facciamo allora un passo indietro e procediamo per gradi. Intanto, ecco la motivazione del social network di Mark Zuckerberg: “Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia”.

Ecco quindi che, secondo l’analisi del social (sia attraverso algoritmi, sia tramite l’esame umano), gli account rimossi “violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram”.

La stessa azione – per buona pace di qualche italiano che oggi grida al complotto della sinistra italiana con uno degli imperi della Silicon Valley – è già stata messa in atto dal social network verso diverse altre pagine in varie parti del globo, ovvero: Generation Identify (Pan-Euro), Inferno Cottbus 99 (Germania), Varese Skinheads (Italia), Ultras Sette Laghi (Italia), Black Storm Division (Italia), Rivolta Nazionale (Italia), Scrofa Division (Olanda), Chelsea Headhunters (Gran Bretagna), White Front (Bulgaria), Boris Lelay (Francia), Beke Istvan Attila (Ungheria), Szocs Zoltan (Ungheria) e Varg Vikernes (Norvegia).  

Arriviamo allora al dunque analizzando la motivazione che ha portato alla rimozione delle pagine social di CasaPound e Forza Nuova: “diffondono odio o attaccano gli altri”, “rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia”. Ed è proprio qui il nocciolo – semplice e cristallino – della questione: viviamo in democrazia, abbiamo diritto a «manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (ricorda l’articolo 21 della nostra Costituzione) ma come ogni questione, si presenta un limite. Un limite imposto dall’equilibrio e da una parola chiave: rispetto.

Il paradosso della tolleranza di Karl Popper

«Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti» disse infatti il filosofo Karl Popper esprimendo il cosiddetto “paradosso della tolleranza”. Ma a chi scrive, il citato non sembra un paradosso. Insomma, se il “mio” pensiero manca di rispetto, offende, denigra, incita all’odio, allora tutto cade e prevarica il confine della tolleranza, inondando quello dell’intolleranza. L’intolleranza non può essere tollerata.

E ora auspichiamo solo che il confine del rispetto venga considerato anche dalla Legge italiana (vedi il reato di apologia del fascismo), non solo da un’azienda nata per il mondo virtuale e ormai più reale della realtà.

E auspichiamo anche che i recenti fatti riaccendano uno spiraglio di luce verso il recupero del ruolo alto, sobrio e di grande dignità delle istituzioni. Ricominciamo dal discorso di Sandro Pertini a Genova, il 28 giugno 1960: «Noi, in questa rinnovata unità, siamo decisi a difendere la Resistenza, ad impedire che ad essa si rechi oltraggio. Questo lo consideriamo un nostro preciso dovere: per la pace dei nostri morti, e per l’avvenire dei nostri vivi, lo compiremo fino in fondo, costi quello che costi».

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