Effatà, la cooperativa che abbraccia l’accoglienza

C’è chi ha un contratto part-time da vero e proprio dipendente, come Claudia, Laura e Walter. Al loro fianco, anche numerosi volontari affezionati come Romano e Franco. Alcuni per un impegno di una volta a settimana, altri tutti giorni. È la realtà di Effatà, la cooperativa sociale di Busto Arsizio nata nel 1998 per dare la possibilità a soggetti in situazioni fragili di lavorare e reinserirsi nella società in collaborazione con il Centro Psichico Sociale cittadino.

In totale si contano 12 buste paga di cui 6 persone con disabilità psichiche. Tutti sono impegnati tra imbustamenti, piegature, piccoli manufatti, semilavorati da trasformare per conto terzi. Il sodalizio è nato in seno alla parrocchia dei Frati da un gruppettino di amici dediti all’ascolto della Parola e seguaci di padre Pasquale. Oggi alla gestione c’è Giusy Crivelli, presidente dal 2016. La loro sopravvivenza, però, è sempre in bilico e può continuare solo grazie a nuove commesse e sostenitori.

“La nostra richiesta – spiega Giusy Crivelli, presidente – è di trovare lavori di assemblaggio molto semplici: imbustamenti, piegature, piccoli manufatti da realizzare per l’industria, semilavorati da trasformare, oppure, grazie agli spazi di cui disponiamo, fare delle piccole attività logistiche di preparazione e spedizione. Attraverso il lavoro Effatà potrà andare avanti”.

L’accoglienza di Effatà ha fatto sì che in questi vent’anni almeno cento persone abbiano ritrovato un’occupazione. Tra loro soprattutto ragazzi, i quali hanno avuto la possibilità di reintrodursi nella società attraverso il lavoro. “Abbiamo sempre accolto le richieste di inserimento da parte del Comune di Busto Arsizio, a cui da anni chiediamo una sede e del lavoro. Ora, più che mai, abbiamo bisogno di commesse per poter continuare a tenere vivo il significato di Effatà (‘apriti’, in ebraico ndr.) e la missione di accogliere. Siamo a disposizione di tutte quelle aziende che necessitano di lavorazioni semplici: insacchettamenti, applicazioni di etichette, gestione di magazzino, spedizioni. Ci siamo, lo sappiamo fare e lo vogliamo fare. Chiamateci”.

Per contattare la Cooperativa Effatà è possibile telefonare allo 0331.620146 oppure inviare una mail a effata98@virgilio.it. Su Facebook: cooperativasociale.effataonlus.1

Intanto, per conoscere meglio questa realtà, abbiamo deciso di intervistare alcuni di loro…

Claudia

Claudia Effatà Busto Arsizio

Chi è Claudia?

«Sono una ragazza siciliana, 40enne, che vive in Lombardia da 18 anni. Quando sono arrivata qui non avevo problemi di salute ed ero attiva nel mio settore, quello alberghiero. Poi ho scoperto la mia malattia, la distrofia muscolare, una malattia degenerativa dei muscoli insomma, quindi ho dovuto selezionare i miei futuri lavori. Nel frattempo c’è stata anche la crisi quindi non è stato facile trovare subito lavoro, neppure con il collocamento mirato di Varese.

Ho poi frequentato un corso di informatica e iniziato qui in Effatà, sette anni fa. Sono partita con un tirocinio, poi ci siamo trovati bene reciprocamente e, da allora, lavoro qui. Prima full time, poi ho chiesto il part time per motivi di salute».

Quando ti è stata diagnosticata la distrofia muscolare?

«Una decina di anni fa. È una malattia genetica ma, non conoscendo mio padre, non sapevo di poter ereditare questa malattia. All’improvviso mi sono trovata in questa situazione. Fortunatamente è una malattia lenta, degenerativa sì, ma coni suoi tempi.

Spero che intanto la ricerca vada avanti. Il mio problema in questo momento è alle braccia. Certo, non posso stare in piedi per troppo tempo ma le gambe, per ora, mi reggono. Un paio d’ore potrei reggere, di più no. Le braccia invece non le alzo, non riesco a prendere qualcosa dall’alto».

Quale mansione svolgi in Effatà?

«Un po’ tutto, dall’etichette all’imballaggio. Qui non tutti possono fare tutto, per via delle patologie che si hanno. Io faccio quello che posso, anche in base alle esigenze giornaliere».

Cos’è per te Effatà?

«Mi ha dato una carica pazzesca. Prima di iniziare qui sono stata un anno e mezzo senza lavorare. Sono qui sola con mio marito, non ho altri familiari. Rapportarsi con le persone è fondamentale nella vita, soprattutto quando scopri di avere una malattia; ti aiuta tanto stare insieme agli altri. Altrimenti ti isoli, come è successo a me per un anno, ed è la fine. Quindi appena arrivata in Effatà ho detto sì a qualsiasi mansione. Effatà è stata la mia ancora anche perché pensi sempre che quello che hai è più grande di tutto il resto. Invece poi ti accorgi che c’è chi ha molto di più, in negativo. Ci sono persone con malattie più gravi delle tue eppure hanno un sorriso contagioso. Per cui mi dico: Claudia non ti lamentare.

Effatà ti aiuta anche a tirarti su e non lamentarti di quello che hai. Ti rendi conto che ci sono situazioni veramente drammatiche, persone che fuori da qui non hanno nessuno. Io un marito ce l’ho. Quindi grazie a questo posto ho affrontato tutto in maniera diversa. Insomma, Effatà ti fa apprezzare anche le cose che uno dà per scontato ma niente è scontato, credimi. Di questo me ne sono accorta quando mi hanno diagnosticato la malattia. Perché tu dai tutto per scontato: andare a fare una passeggiata, la spesa… invece no. Quando ti dicono “hai la distrofia muscolare ed è possibile che tra 3 anni sarai a letto e non potrai alzare un sacchetto”, capisci che non c’è nulla di scontato, quindi apprezzi ancora di più ciò che per ora puoi fare».

La tua canzone preferita?

«Simply the best, la metto sempre, mi dà carica».

Laura e Walter

Laura e Walter Effatà

Presentatevi

«Io sono Laura, 50 anni, lui è Walter, 56 anni. Siamo assieme da un po’ di anni. Lavoriamo qui e siamo stati i primi della cooperativa, siamo qui da vent’anni».

Che ruoli avete in Effatà?

«Facciamo degli imbustamenti e lavori di assemblaggio cartotecnico… tutto quello che ci capita, come tutti».

Come avete conosciuto Effatà?

«Eravamo nel progetto Giasone, il Comune manda qui le persone che hanno bisogno di lavoro come noi. Quindi ora i lavori sono tutti ben accetti. C’è un po’ di crisi quindi va bene tutto. Noi ora mettiamo l’etichetta sui pannolini, poi la seconda etichetta».

Cosa significa per voi essere parte di Effatà?

«Ci dà tantissimo, ci dà lavoro, ci dà la possibilità di andare avanti ed essere indipendenti. Noi abitiamo nelle case popolari e con questo lavoro ci paghiamo affitto, luce e gas. Con questi soldi ci viviamo.

Effatà è un posto tranquillo, ci sono persone che vanno e vengono, ognuno con le sue storie. Ci sono volontari e assunti come noi. C’è chi ha problemi di invalidità e chi, come noi, ha bisogno di una mano per problemi di salute come noi».

Come vi siete conosciuti?

«Qui dentro. Prima non ci conoscevamo. È un posto tranquillo».

La vostra canzone?

«Banane e Lamponi di Gianni Morandi».

Franco e Romano – volontari

Franco e Romano Effatà Busto Arsizio

Presentatevi:

Romano: «Ho 59 anni e sono in Effatà da 10 anni».

Di cosa ti occupi in Effatà?

«Facciamo lavoro di assemblaggio, sono vari lavori. Ora stiamo togliendo il filo dai sacchetti».

Ti piace Effatà?

«Sì, mi piace. È un bel modo per occupare il mio tempo. Mi trovo bene. Lui è il signor Franco».

Franco: «Faccio il volontario come lui, sono qui da 6 anni. Ho 68 anni».

Come mai ha scelto di fare volontariato in Effatà?

Franco: «Perché una volta andato in pensione mi sentivo a disagio senza far nulla. Così ho deciso di venire qui e l’ambiente mi è subito piaciuto. Sono stati i Frati a segnalarmi questa opportunità. Prima di allora ho lavorato in dogana per più di 30anni, ero addetto al controllo import/export».

Cosa le piace di Effatà?

Franco: «Mi piace l’ambiente, altrimenti scappavo subito. È una vera medicina lavorare qui».

Romano: «È un lavoro di società».

Franco: «Mentre lavoriamo chiacchieriamo, è sempre bello scambiare qualche parola».

La tua canzone preferita Romano?

«A me piace Jovanotti».

E per Franco?

«A me piace l’opera. Mi piacciono anche le canzoni moderne ma non quelle rumorose».

Giusy, presidente Effatà.

Cosa significa gestire una cooperativa come Effatà?

«Significa andare incontro a tante esigenze. Prima di tutto l’esigenza dell’ascolto di chi è qui. La cooperativa è un luogo di accoglienza. Siamo a tutti gli effetti una ditta che fattura ma le condizioni con le quali lavoriamo esigono l’ascolto di chi lavora qui. Accoglienza, insomma, oltre ovviamente al seguire le regole.

Inoltre è necessario trovare la possibilità di autofinanziarci. Il nostro lavoro ci finanzia, ci permette di avere in affitto un capannone e avere uno stipendio. Quindi riusciamo ad avere 12 buste paghe e accogliere coloro che passano il loro tempo in cooperativa con progetti di risocializzazione. Al di là delle varie problematiche, spesso il problema principale è la solitudine.

Ci sono anche persone che abitano in appartamenti protetti, alcuni di loro hanno perso i familiari e ora convivono in questi ambienti messi a disposizione dal CPS. Ci sono anche persone sostenute da psicofarmaci ma fondamentalmente la questione cardine è la solitudine».

Qual è la situazione attuale di Effatà?

«Abbiamo clienti storici e soci che ci vogliono bene ma speriamo di poter andare avanti più serenamente. Per farlo abbiamo bisogno del sostegno di molte più imprese. Dobbiamo farci conoscere perché abbiamo la possibilità di sostenere prontamente a tutte le richieste, con professionalità e tempestività».

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