Gender and The Ocean: l’ecofemminismo per la ventesima Giornata Mondiale degli Oceani

Ricorre oggi, 8 Giugno 2019, la ventisettesima Giornata Mondiale degli Oceani. Istituita dalle Nazioni Unite, questa ricorrenza nasce nel 1992 con il duplice obiettivo di costituire un momento di riflessione sull’importanza cruciale degli oceani per la nostra vita e per quella di tutte le specie viventi presenti sul pianeta e di connettere idee e persone per la protezione del 70% del nostro “pianeta blu” ricoperto dalle acque.

Per conseguire questi obiettivi, le Nazioni Unite scelgono di affrontare, anno dopo anno, diversi temi legati alla salvaguardia dell’ambiente oceanico. Negli ultimi anni, ad esempio, si è discusso del rapporto tra gli oceani e gli esseri umani, dell’importanza della cooperazione economica, scientifica e politica per la salvaguardia degli habitat marini e della minaccia costituita dall’inquinamento plastico.

Ventesima Giornata Mondiale degli Oceani: l’importanza della parità di genere per una ricerca più ricca

Il tema di quest’anno, tuttavia, costituisce un cambio di rotta rispetto alla linea seguita in passato: per la prima volta, infatti, si è scelto di prendere spunto da ciò che l’ecofemminismo ha teorizzato in ambito filosofico, per unire la causa ambientalista a quella femminista. Il titolo “Gender and the Ocean” costituisce, quindi, un invito a riflettere sull’importanza dell’uguaglianza di genere per la conservazione e l’uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine.

Ad oggi, il tema è quasi del tutto inesplorato e sono le stesse Nazioni Unite ad ammettere di avere pochi dati al riguardo. Le poche informazioni esistenti, però, mostrano il riflesso di un quadro poco positivo. Le prime ricerche in questo ambito hanno infatti dimostrato che le donne sono, in media, 14 volte più in pericolo degli uomini in caso di disastri naturali nelle aree costiere a causa della disuguaglianza nelle possibilità di accesso alle risorse necessarie per farvi fronte.

Inoltre, pur costituendo circa la metà della forza lavoro in diversi settori legati all’oceano, le donne guadagnano solo il 64% dello stipendio mediamente assegnato ad un uomo impiegato nello stesso settore. Infine, le ricerche hanno rivelato come le donne abbiano scarse possibilità di accesso a posizioni decisionali. Solo il 38% degli scienziati marini sono donne e pochissime di queste ricoprono ruoli di leadership.

In un’epoca di grave crisi ambientale come la nostra è forse quest’ultimo dato a costituire il campanello d’allarme più grave perché, oltre a costituire un’intollerabile ingiustizia, negare alle donne la possibilità di dare il proprio contributo alla ricerca scientifica volta alla conservazione dell’ambiente marino significa rinunciare a competenze e conoscenze preziose e di fondamentale importanza per la buona riuscita dell’impresa.

Il modo migliore per comprendere l’immenso valore di ciò a cui stiamo rinunciando in nome di atteggiamenti sessisti è forse quello di sviluppare il tema di questa Giornata Mondiale degli Oceani ricordando e celebrando l’impegno ed i grandi successi ottenuti da alcune donne impegnate nella salvaguardia dell’ambiente marino.

Ricordando Sylvia Earle, biologa e oceanografa americana

A questo riguardo, l’esempio più importante è sicuramente quello della biologa marina e oceanografa americana Sylvia Earle. Nonostante la diffidenza per il suo genere presente tra le fila degli scienziati, già nel 1970 gli indiscutibili successi accademici della scienziata le permisero di entrare a far parte del primo gruppo femminile di esperti del progetto Tektite, in occasione del quale rimase due settimane in una struttura subacquea a 15 metri di profondità per studiare la flora marina delle Isole Vergini Americane.

Questa fu solo la prima esperienza di una lunga carriera di immersioni, ricerca e divulgazione scientifica che dura ormai da circa cinquant’anni. Sylvia Earle ha contribuito alla progettazione e allo sviluppo dei veicoli e delle tecnologie per la ricerca subacquea di cui disponiamo oggi ed è stata la prima scienziata a capo della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), l’agenzia scientifica statunitense per il controllo delle condizioni dei mari e delle acque.

Nel 2009, la biologa marina ha avviato il progetto “Mission Blue” che si è posto e ha raggiunto l’obiettivo di creare una rete di aree marine protette a livello globale al fine di proteggere il mare così come, attraverso numerosi parchi nazionali, proteggiamo la terra.  L’iniziativa sta dando ottimi risultati e nelle zone protette si sta riscontrando un forte aumento della biodiversità e un miglioramento delle condizioni di salute e, di conseguenza, di riproduzione delle specie. La carriera dell’oceanografa è stata ritenuta di tale importanza da essere diventata, nel 2014, l’oggetto del documentario “Mission Blue”.

Mariasole Bianco: la biologa marina che rappresenta l’Italia

Guardando al nostro paese, spicca in modo particolare l’attività di Mariasole Bianco, la biologa marina che oggi rappresenterà l’Italia alla conferenza organizzata dalle Nazioni Unite per celebrare la Giornata Mondiale degli Oceani. Nel 2013, la giovane scienziata ha fondato l’organizzazione no profit Worldrise con due scopi: la conservazione dell’ambiente marino e il coinvolgimento dei giovani studenti e neolaureati nelle attività di ricerca scientifica e gestione delle risorse naturali. L’intento è quello di creare un modello di corretta gestione delle risorse marine per uno sviluppo sostenibile che non si limiti a tutelare le aree in pericolo ma che protegga e valorizzi l’ambiente oceanico affinché questo possa prosperare e quindi creare opportunità e ricchezza durature per la comunità.

L’esperienza di queste due scienziate ci spinge a chiederci cosa potrebbero fare altre donne per gli oceani e per tutte le specie viventi, se solo si lavorasse maggiormente e con più serietà per l’ottenimento di una vera parità di genere. Permettendo l’esistenza di pregiudizi e sessismo in ambito scientifico stiamo rinunciando a risorse che potrebbero rivelarsi cruciali in futuro, soprattutto dal momento che, citando Sylvia Earle, “…i prossimi dieci anni saranno i più importanti nel determinare il corso dei prossimi diecimila e nel dare forma a un futuro in cui gli umani possano avere la speranza di conservare un ruolo duraturo all’interno del sistema naturale che ci tiene in vita”.

Gender and The Ocean l'ecofemminismo per la ventesima Giornata Mondiale degli Oceani

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