Ilaria, salto della morte in carrozzina: «Yes, I can»

Ilaria, venticinquenne ligure, è la neo-dottoressa in traduzione e interpretariato che fa il salto della morte in carrozzina. La ragazza è un esempio di come la caparbietà, talvolta, sia un’arma per non arrendersi di fronte ad un no, ma per lottare affinché quel no si trasformi in un sì.

Quando ho contattato Ilaria per chiederle un’intervista mi ha risposto quasi subito dicendomi «Va bene, ma non oggi perché nel pomeriggio mi laureo». Poi, prendendo accordi per l’intervista nei giorni successivi, ho scoperto che a metà agosto sarà  impegnata a partecipare al primo campionato tedesco open ad Amburgo anche se mi rivela che nel suo sport non ci sono molte gare e che «non le amo particolarmente perché per me il freestyle è un modo per esprimere se stessi più che una competizione. Mi piace partecipare più che altro perché è un momento di ritrovo con gli altri rider da tutto il mondo. La gara più importante alla quale ho partecipato sono stati sicuramente i mondiali di Dallas in cui sono arrivata terza nella categoria femminile».

Foto apertura: Sergio Bolla Photographer

Ora la mia curiosità è aumentata, così le chiedo subito di parlarmi di lei a 360°…

«Sono una ragazza molto testarda, lo sono sempre stata, e probabilmente questa è una delle fortune che mi ha portato ad essere dove sono oggi. Se ho un’idea è difficile che la cambi solo perché qualcuno mi dice che sbaglio; molte persone hanno sempre cercato di farmi cambiare idea su ciò che potessi o dovessi fare, ma io non accetto che mi dicano qualcosa senza darmi delle motivazioni che ritengo valide e che potrebbero farmi cambiare opinione.

Sono anche molto spericolata e odio essere trattenuta. Per esempio, da piccola, quando non avevo la carrozzina, mi sentivo prigioniera perché non ero libera di fare ciò che volevo come gli altri bambini. Io ho una diplegia spastica dovuta a una paralisi cerebrale. Sono nata con un cesareo d’urgenza a sei mesi e mezzo di gravidanza ed ero molto piccola, per questo si sono verificati questi problemi.

Mi sono sempre piaciute le lingue, fin dal primo corso di inglese che ho frequentato all’asilo quando avevo cinque anni, quindi ho sempre saputo che era quello che volevo studiare: ho frequentato prima il liceo linguistico, poi mi sono laureata alla triennale in teorie e tecniche della mediazione interlinguistica e qualche giorno fa ho preso la laurea magistrale in traduzione e interpretariato.

Non sono mai stata una secchiona, ma quello che studio mi piace e quindi mi riesce abbastanza bene. Durante gli studi universitari ho avuto l’occasione di fare due volte l’Erasmus in Germania, a Bochum; queste sono state esperienze bellissime che mi hanno fatto crescere molto sia dal punto di vista personale che da quello sportivo».

Infatti si può dire che l’Erasmus ha dato voce alla tua passione per lo sport…

«Fin da piccola ho sempre sognato di fare la skater, ma non l’avevo mai detto a nessuno perché non pensavo fosse possibile visto che riuscivo a malapena a camminare con le stampelle. Un giorno, quando avevo circa 14 anni, ho visto su youtube il video di un ragazzo americano che con la sua carrozzina girava in uno skatepark e ho deciso di scrivergli una mail, anche se non pensavo che avrebbe risposto. Questo ragazzo era Aaron Fotheringham, è stato lui ad inventare questo sport e ora gira il mondo con Nitro Circus, la crew di freestyle più famosa al mondo.

Lui ha risposto alla mia mail, abbiamo continuato a scriverci e siamo diventati amici. Un giorno mi ha scritto che sarebbe venuto a Roma per partecipare allo “Show dei record” e che avremmo potuto incontrarci, così ho fatto di tutto per convincere i miei a portarmi a Roma e finalmente ci siamo conosciuti di persona. Grazie a lui ho capito che la carrozzina poteva diventare il mio paio di ali e che la disabilità non avrebbe dovuto essere un problema ma un’opportunità.

Ho subito deciso che avrei voluto fare quello sport, ma non era così semplice visto che, oltre alle strutture praticamente inesistenti dalle mie parti, serviva una carrozzina speciale e i miei genitori non sembravano accettare nemmeno la mia scelta di usare la carrozzina invece delle stampelle, figuriamoci cominciare uno sport del genere. La svolta è arrivata qualche anno dopo, quando, una volta iniziata l’università, sono partita per 6 mesi di Erasmus in Germania. Lì ho iniziato ad allenarmi seriamente con il pioniere di questo sport in Germania ed altri ragazzi, usando le loro vecchie carrozzine.

Nel frattempo Mike Box, il costruttore delle carrozzine da WCMX, rimasto colpito dalla mia storia, ha deciso di regalarmi la prima carrozzina da WCMX per la laurea triennale. Così ho incominciato ad allenarmi più possibile anche una volta tornata in Italia, anche grazie all’aiuto dei miei amici».

Cos’è il WCMX?

«WCMX sta per Wheelchair Motocross, ma più che significare motocross in carrozzina è un calco dalla sigla di BMX (Bycicle Motocross). La BMX è nata come un’imitazione del motocross, solo che invece di andare in pista con moto da cross usavano biciclette monomarcia. Da lì è nata la BMX Freestyle, che è la disciplina di BMX oggi più diffusa e dalla quale prende appunto il nome WCMX. Nel Freestyle invece che correre su piste si fanno salti ed evoluzioni negli skatepark o negli spot street (in strada, ad esempio saltare scale, panchine ecc.). Il WCMX è il Freestyle con carrozzine apposite. Prima della sigla WCMX questo sport ha avuto altri nomi, ad esempio Hardcore Sitting e Chairskating, ma ora il nome ufficiale è WCMX».

Photo©: Dario Bologna Studio

Ilaria Naef Dario Bologna Studio - salto della morte in carrozzina

Cosa pensa la tua famiglia di questa tua passione?

«La mia famiglia non è mai stata molto d’accordo sul fatto che io pratichi questo sport, fin dall’inizio hanno sempre visto la mia scelta di usare la carrozzina invece delle stampelle come una specie di sconfitta, e penso che all’inizio credessero che questo sport fosse solo un interesse passeggero che col tempo sarebbe passato. Ora però credo abbiano capito che si tratta di una vera e propria passione e che questo sport mi ha cambiato la vita in meglio e quindi si sono rassegnati; credo che adesso pensino che se questo sport mi rende felice va bene così».

Cosa dicono le persone di questa tua passione?

«Alcuni mi stimano per quello che faccio, ma molti altri mi dicono che è troppo pericoloso e insensato e che dovrei smettere. Io però non ho mai dato ascolto a queste persone perché loro non sanno cosa voglia dire avere una passione e non sanno nemmeno che nella nostra follia noi atleti di Action Sport dobbiamo avere comunque la testa sul collo, se no saremmo già morti».

In rete si trovano molti video del tuo “salto della morte”…

«Il backflip (“salto della morte”) è un salto che consiste nel fare una capriola all’indietro con la carrozzina. Fin da quando ho scoperto questo sport ho sognato di riuscire a fare questo salto un giorno. Circa un anno e mezzo fa ho cominciato ad allenarmi e poi finalmente ci sono riuscita.

Per fare questo numero serve una rampa molto alta dalla quale partire (perché serve molta velocità) e una kicker (la rampetta che ti lancia in aria). I primi tentativi vanno fatti in strutture apposite, che hanno come atterraggio una vasca piena di cubi di gomma piuma (foampit), così da evitare di farsi male in caso si cadesse a testa in giù o in altre posizioni pericolose. Poi, quando si è sicuri di riuscire a completare la rotazione, si può passare alle normali rampe in legno.

Le prime volte che si fa questo salto si ha una sensazione molto strana, perché non si è abituati a questa rotazione e quindi non si capisce bene cosa stia succedendo. Io ero abituata a vedere video ripresi con la GoPro attaccata sul casco di atleti che facevano questo salto: durante il mio primo salto la prima cosa a cui ho pensato era proprio che mi sembrava di guardare uno di quei video. Con il tempo poi ci si abitua e si impara a capire la propria posizione in aria e a controllare meglio il proprio corpo».

Ilaria Naef salto della morte in carrozzina

Cosa provi quando voli con la tua carrozzina?

«Come ti dicevo poco fa, fare il backflip era sempre stato un mio sogno, e quando ci sono riuscita è stata una sensazione bellissima, come se niente fosse impossibile. Quando mi metto il casco ed inizio a saltare mi sento fortunata di avere le ruote, perché è grazie alla carrozzina che posso vivere queste esperienze. Il WCMX mi da una sensazione di libertà, e sento di poter essere me stessa quando salto.  Pensa che settimana scorsa un amico mi ha detto che il testo della canzone “Vivo per lei” di Andrea Bocelli rispecchia molto il rapporto che ho con la mia sedia a rotelle e il WCMX».

Hai mai avuto momenti di sconforto per non riuscire a fare un salto che ti hanno portato a pensare di smettere con il WCMX?

«Il WCMX mi ha sempre aiutata a superare i momenti difficili e a sfogarmi quando ne ho bisogno, quindi non ho mai pensato di lasciarlo. Quando un salto non mi riesce io sono talmente testarda che continuo a provare e alla fine riesco sempre a raggiungere il mio obiettivo. Ci sono stati momenti di sconforto soprattutto dovuti al fatto che non riesco sempre ad allenarmi quanto vorrei perché le strutture non sono proprio a portata di mano – di solito mi alleno in un piccolo skatepark a Sassello o a Genova (circa 40 minuti da casa mia), ma per provare i salti più grandi e pericolosi devo andare a Brescia, in un park più grande con strutture apposite – e che ho sempre bisogno di qualche amico che mi aiuti durante gli allenamenti.

Questi momenti però li ho sempre superati pensando al fatto che proprio grazie a questo sport ho stretto dei legami così forti con alcuni dei miei migliori amici, che farebbero di tutto per permettermi di allenarmi ed esibirmi il più possibile (ad esempio mi hanno regalato una rampa per gli show e uno di loro è andato a ritirarla il primo maggio quando invece avrebbe potuto riposarsi). Mi sento molto fortunata ad avere amici così, e so che gran parte delle mie soddisfazioni le devo proprio a loro».

Ilaria Naef

Hai qualche episodio divertente/pauroso/significativo da raccontarmi?

«L’anno scorso una notte stavamo correndo giù per una strada, io con la mia carrozzina e i miei amici con i loro drift trike. A causa dell’oscurità e del fondo stradale scivoloso le mie gomme sono slittate e io sono scivolata contro il guardrail con il casco. Il casco si è graffiato e i miei amici si sono un po’ preoccupati, ma io stavo bene e mi ero pure divertita, così ci siamo messi a ridere ed abbiamo continuato. Quella sera però un mio amico ha deciso di modificare un trike in modo che potessi usarlo anche io.

Gli episodi più significativi per me sono quelli in cui i bambini in carrozzina mi dicono che da grandi vorrebbero diventare come me. È importante per questi bambini e i loro genitori capire che la carrozzina non deve essere un ostacolo ma un’opportunità, e che può diventare il loro giocattolo preferito. Spesso i miei amici bipedi mi rubano la carrozzina per giocarci, e questa è secondo me una delle cose più belle, perché vuol dire che intorno a me ci sono persone che vedono la carrozzina come se fosse una bici, e vorrei che ce ne fossero sempre di più».

Sei una campionessa mondiale e sei giovanissima… dove vuoi arrivare?

«Il mio sogno più grande non è diventare famosa o avere successo per me stessa, ma diffondere il mio sport e raccontare la mia storia. Non si sa mai, magari qualche ragazzino navigando su Internet troverà i miei video e capirà che la sua vita può essere una “figata” e che può diventare chi vuole, proprio come è successo a me qualche anno fa».

Ilaria Naef salto della morte in carrozzina 2

Hai mai pensato di provare anche altri sport?

«Da quando avevo 16 anni fino a circa due anni fa ho fatto pesistica paralimpica a livello agonistico e ho vinto anche vari campionati italiani. Poi ho smesso di fare le gare perché l’università e il WCMX insieme non mi permettevano di allenarmi come avrei dovuto, ma adesso che ho terminato gli studi vorrei ricominciare ad allenarmi seriamente anche in palestra, perché è uno sport che mi è sempre piaciuto e oltre alla pesistica l’allenamento in palestra mi aiuta anche nella vita quotidiana e nel WCMX».

Quali altre passioni hai?

«Oltre al WCMX ed alla pesistica, mi piace tutto ciò che riguarda gli action sport. Per esempio mi piace molto il downhill e un giorno mi piacerebbe riuscire a comprarmi una bicicletta adattata per poter fare le discese con i miei amici».

E se volete continuare ad ammirare le acrobazie di Ilaria, basta seguirla sulla sua pagina Facebook: Ilaria Naef WCMX

Copyright © 2016 Sguardi di Confine è un marchio di Beatmark Communication di Valentina Colombo – All rights Reserved – p. iva 03404200127

redazione@sguardidiconfine.com – Testata registrata presso il Tribunale di Busto Arsizio n. 447/2016 – Direttore Responsabile: Valentina Colombo