Un incontro a “Cuore Aperto” in Val Brembana

…in questa prima parte dell’anno ho vissuto una particolare esperienza e vorrei condividerla con voi: Mi chiamo Serafino, ho 44 anni, abito in  provincia di Bergamo e questa è la mia storia.

Tra marzo e aprile, dopo un intervento di cardiochirurgia a cuore aperto, mi trovavo in riabilitazione in una clinica della Val Brembana, nota anche come centro di riabilitazione motoria per malattie invalidanti (nella foto ndr.).

È lì che, in un giorno che sembrava uguale a tanti altri, tra la solita routine, alti e bassi d’umore dovuti a difficoltà di recupero a causa di una lieve complicazione post operatoria, ho incontrato una ragazza “speciale”, come amo definirla.

Dopo esserci presentati e le solite frasi di rito, le ho chiesto così, un po’ ingenuamente, perché si trovasse lì. Me ne sono uscito con: “E tu cos’hai?”.

Pensavo fosse lì per via di un incidente. Lei, con tutta serenità, mi ha detto che, dall’età di 12 anni, è affetta da una malattia neurodegenerativa e che, ormai da qualche anno, è costretta sulla sedia a rotelle.

Sentendo quelle parole, devo ammetterlo, ho avuto un momento di smarrimento. Lei, però, mi ha fatto coraggio subito. Sì, lei ha fatto coraggio a  me! Poi, mentre ero ancora scosso, mi ha raccontato la sua storia. Da quando ha scoperto la malattia a quando a dovuto usare la sedia a rotelle e di come ha imparato a convivere con  la sua malattia. Continuando, mi ha dato il link dell’articolo di Sguardi di Confine dove si racconta. Da lì, ho capito che avevo a che fare con una “tosta”. Insomma, questa malattia non le impedisce di svolgere una miriade di attività e impegni, tra le altre collabora come articolista per riviste on-line e scrive poesie.

Sono rimasto profondamente colpito dalla sua forza e vitalità, dal coraggio con cui affronta i problemi che inevitabilmente la malattia gli crea, non accontentandosi di una vita per così dire “a metà” ma anzi “sfidandola” e cercando di  vivere una “normalità”, oltre alla conquista di sempre più autonomia e indipendenza che io neanche immaginavo.

Ed è a quel punto che ho cominciato a riflettere su quanto certe persone, nonostante l’enorme peso che debbano sopportare, abbiano un’immensa vitalità e gioia di vivere, tanto da saperle infondere ad altri, come è successo a me! Così, forte di quella lezione, sono riuscito a superare il mio momento di sconforto e, con nuova forza, ho affrontato il percorso di riabilitazione.

Nei giorni seguenti ho avuto l’occasione di avvicinarmi e conoscere altre persone del suo stesso  reparto. Ho notato che tutte erano contagiate dalla stessa vitalità. È stato bello sentirli discutere così serenamente sul quello che il futuro gli avrebbe riservato, su ciò che li attendeva a casa una volta terminato il periodo in clinica, sulle loro aspettative ma anche confrontarsi sulle loro malattie   e così via. È normale, si fa gruppo, ci si incontra, si instaurano “amicizie a distanza”, ci si ritrova lì, diventano quasi un appuntamento fisso i periodi passati clinica.

Ebbene sì, conoscere e frequentare anche per i pochi giorni loro, mi ha dato coraggio e forza  come  nessuno mai. Questi incontri mi hanno fatto anche riflettere su quanto io, con la mia superficialità, non conoscevo. O, meglio dire, sottovalutavo le enormi potenzialità che persone magari fragili nel fisico, ma con una grande forza di volontà hanno. Fino ad ora vedevo loro come bisognosi solo di attenzioni, d’aiuto, persone fragili appunto. Ammetto che ero vittima di preconcetti e finalmente qualcuno mi ha aperto gli occhi.

Così, le mie giornate in clinica hanno cominciato a prendere una piega diversa, più  positiva; ci si incontrava nelle aree comuni della clinica, tra un’attività e l’altra, non c’era un orario fisso e si stava un po’ insieme. Per me era già sufficiente la loro compagnia per sentirmi bene.

Quando, finito il periodo di riabilitazione, sono stato dimesso, devo dire che tutto ciò mi è mancato. Era ormai diventata un’abitudine, nei miei lunghi momenti di libertà, scendere e vedere se c’era qualcuno dei miei nuovi compagni.

Insomma, questa mia esperienza mi ha fatto capire un mondo che mal conoscevo e mi ha permesso di riscoprire certe emozioni, l’amicizia, l’aiuto reciproco, la comprensione, la solidarietà. Tutti elementi che ai nostri tempi sembrano andare a perdersi.

Per questo e altro devo ringraziare  una cara ragazza:  Valentina che, come le ho scritto una volta,  mi ha “addomesticato” come ha fatto il  Piccolo Principe con la  volpe. Con Valentina sono restato in contatto; definirei la nostra amicizia un po’“particolare” per via del contesto dove ci siamo conosciuti e il poco tempo che si siamo visti ma tanto è bastato per lasciare un segno indelebile in me.

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