Mecier e l’arte pop trash, quando la spazzatura delle celebrità diventa arte

In un’epoca in cui siamo definiti e identificati più dai nostri acquisti che dai nostri gusti, persino ciò che gettiamo nella spazzatura può diventare una forma d’arte. Certo, non tutti noi possiamo avere il privilegio di avere il nostro “trash” scandagliato da un artista come Jason Mecier, solo i migliori e i più pop tra di noi diventano opera d’arte.

Mecier, infatti, artista di San Francisco attivo da 15 anni, crea dei quadri con la spazzatura delle celebs, utilizzando i più svariati residui personali: lattine di deodorante, trucchi, mozziconi di sigaretta. Ognuna delle sue opere richiede circa 50 ore di lavoro e spesso i v.i.p finiscono anche per comprare i loro stessi immondi ma strabilianti riflessi.

Questo tipo di arte “pop trash” (dal titolo dell’ultimo libro che raccoglie le opere di Mecier), fa riflettere sul tipo di società nella quale viviamo, ossia quella della personificazione esasperata, della brandizzazione seriale della personalità, del culto di noi stessi. La bellezza non ha più voce in campo, il grottesco è la forma d’arte che abbiamo imparato a vedere. 

Pop art non è un concetto recente, il termine venne utilizzato per la prima volta nel 1958 dal critico inglese Lawrence Halloway, ma oggi l’arte si abissa sotto un cumulo di spazzatura e così ci ritroviamo con il pop trash, non l’album dei Duran Duran (“Pop Trash” appunto, uscito nel 2000), qualcosa di molto più fuggente e sottile.

Qualcuno potrebbe rifugiarsi in un’intellettualizzazione, apprezzando nel pop trash il lato sovversivo di una mercificazione di sé nella quale non si rispecchia, se non con distaccato cinismo. 

Altri invece potrebbero incorrere nell’errore di giudicare con standard obsoleti questo tipo di arte che nonostante possieda un passato recente, ha comunque una degna storia

Il pop, oggi, è qualcosa che hai già visto e sentito mille volte in duemila salse diverse, è un po’ come la spazzatura. Emana un cattivo odore, forse, ma non smette di colpire e riempire un campo visivo sempre più abituato, tanto da rimanere indifferente. 

Mecier riesce comunque a mostrarti Miley, Snopp Dogg e Rupaul in modo figurativamente insolito, nonostante la sua migliore opera sia quella su Donald Trump, spazzatura di prima qualità.

Non si può rispondere alla domanda se questa sia arte o meno, dipende da chi osserva e quali criteri utilizza per giudicare, ma sicuramente l’ordine armonico del lavoro ben eseguito di Mecier fa riflettere. Siamo o non siamo ciò che scartiamo?  

Foto © Jason Mercier

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