La Festa della Donna per ricordarci che non abbiamo una “marcia in più”

L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna per ricordarne sia conquiste sociali, sia discriminazioni subite. Ma la cosiddetta “Festa della Donna” che prese il via negli Stati Uniti a partire dal 1909 (in Italia dal 1922), altro non fa che mettere pietosamente in luce la ridicola ghettizzazione di un sesso, rispetto ad un altro.

Ce lo ricorda bene Simone De Beauvoir, la romanziera e saggista francese, nota soprattutto in quanto importante filosofa del femminismo e protagonista del Movimento di Liberazione delle Donne negli anni ’70 in Francia. Come affermò durante un’intervista a Le Monde (10 maggio 1975), infatti:

“Essere donna non è un dato naturale ma il risultato di una storia. Non c’è un destino biologico e psicologico che definisce la donna in quanto tale. Tale destino è la conseguenza della storia della civiltà e per ogni donna la storia della sua vita”.

E lo stesso concetto lo ritroviamo nel suo “Le Deuxième Sexe” (“Il Secondo Sesso”): “Non si nasce donna, lo si diviene” (“On ne naît pas femme, on le devient”). Insomma quella di De Beauvoir è la ricerca di un senso della vita (delle donne, tali in quanto identificate solo dagli organi genitali alla nascita) in un mondo (sociale) nel quale non abbiamo scelto di nascere ma ci siamo ritrovati.

Ma a lei fa ancora eco chi ridicolo afferma che le donne abbiano “una marcia in più”, quel “qualcosa di speciale rispetto agli uomini”. E dall’altra rincarano buffi asterischi “social” al posto della terminazione delle parole maschili e femminili: lanciati dalla comunità LGBT per aggirare discriminazioni linguistiche verso “tutt*” (tutti e tutte), hanno ormai perso la rotta, con conseguente soffocamento per inflazione d’uso.

E poi c’è la realtà, quella di infinite sfumature (e lo ripeterò fino alla morte, al costo di esser noiosa). Che la netta distinzione tra maschile e femminile non esiste. Che – intanto – ci sono gli intersex, i quali se la ridono (per non dire soffrono) di fronte alla ghettizzazione di un sesso rispetto ad un altro: tanto loro, agli occhi del mondo, non esistono. E poi ci sono tutti i (pericolosissimi) “gender”, che il buon National Geographic ha cercato di elencare, proponendone 15 diversi tipi. E si badi bene: questa azione non deve essere vista in quanto ulteriore ghettizzazione ma solo una dimostrazione delle differenti espressioni (e ce ne sarebbero – ripeto – infinite) del genere umano.

Allora per la Festa della Donna, festeggiamo tra amiche, scambiamoci la simpatica tradizione – tutta italiana – delle mimose. Nulla ce lo vieta. Ma non ghettizziamoci, non autodiscriminiamoci.

Non vestiamo i panni del “Secondo Sesso” per comodità e imposizione altrui. Non dimentichiamo – e questo è un invito per tutti – che siamo solo esseri umani, qualsiasi siano gli organi sessuali del nostro corpo. E non dimentichiamoci che “il sesso debole” è solo una costruzione a puntino della società, creata – come ogni stereotipo che si rispetti – per controllare, contenere, ordinare ma non far emergere la così complessa e affascinante (seppur spaventosa e disarmante per alcuni) Realtà.

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