Martin Luther King’s day: ecco perché celebrare l’attivista americano

Ogni anno, dal 1983, gli USA dedicano il terzo lunedì del mese di gennaio alla figura di Martin Luther King, politico, attivista, premio Nobel per la Pace nato ad Atlanta a gennaio del 1929.

Chi era Martin Luther King

Per conoscere per quale motivo venne in mente a John Conyers di istituire, in una data vicina a quella di nascita di Luther King, una giornata dedicata a questa figura di spicco nella politica e nell’attivismo americani e globali, bisogna rispondere innanzitutto alla domanda “chi era Martin Luther King?” .
E rispondere a questo interrogativo non è semplice, data la ricchezza della, seppur breve (morirà a nemmeno 40 anni), vita dell’uomo.

Martin Luther King dopo gli studi e la laurea in sociologia, non sapeva se intraprendere una carriera di medico, avvocato o seguire le impronte paterne diventando pastore.
Dopo gli iniziali scetticismi, il giovane intraprese quest’ultima strada e si affacciò contemporaneamente al mondo dell’attivismo e della politica diventando vicepresidente del consiglio dell’Alabama per i rapporti umani nonché entrando a far parte della National Association for the
Advancement of Colored People (NAACP), una delle più antiche e solide associazioni per l’estensione dei diritti civili, senza distinzione di genere, religione o etnia, presenti negli USA.

Dalla NAACP al caso Rosa Parks

Negli stessi anni in cui Martin Luther King prendeva parte alla NAACP, un’altra attivista dell’associazione, Rosa Parks, diventava paladina dei diritti umani delle persone nere in America.
La donna, nera, decise infatti di non cedere il suo posto sul bus, che, stando alle regole in vigore, sarebbe spettato di precedenza a persone bianche.

Il gesto simbolico si concluse con l’arresto di Parks e con una protesta civile e politica passata alla storia come Boicottaggio dei bus a Montgomery in cui si invitava la popolazione nera a non utilizzare autobus nella giornata del 5 dicembre 1955.

L’adesione fu molto più alta delle aspettative: venne così formato il Montgomery Improvement Association, con lo scopo di migliorare Montgomery e King ne venne eletto presidente.
Il boicottaggio terminò dopo 382 giorni dal suo inizio, e con ben due arresti di King, ma ebbe una risoluzione positiva: la corte suprema stabilì infatti l’illegalità della segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici, considerata incostituzionale.
Il 21 dicembre 1956 Martin Luther King salì su un bus e accanto a lui si sedette un prete bianco: si stava scrivendo la storia.

Il Southern Christian Leadership Conference e i primi riconoscimenti

King proseguì in quegli anni la strada dell’attivismo: Fondò il SCLC con lo scopo di dare un chiaro segnale dell’importanza delle discussioni sui diritti civili. Tenne discorsi, scrisse libri e rilasciò dichiarazioni con l’intento soprattutto di abolire l’insieme di leggi locali sulla segregazione nei luoghi pubblici.

Nel 1957 ottenne, e fu il più giovane fino ad allora, a ricevere quest’onoreficenza, la medaglia Spingarn dalla NAACP, riconoscimento annuale conferito a una personalità di spicco nel mondo della lotta per i diritti civili.

La vita di King continuò all’insegna delle lotte per l’uguaglianza, come testimonia la sua partecipazione al movimento studentesco di Nashville, iniziato in seguito all’esclusione di Joseph McNeill, studente nero di un college in Carolina del Nord, del servizio di mensa; o i discorsi fatti in occasione della violenta repressione dei Freedom Riders.

Il rapporto con il presidente Kennedy

Fondamentale negli anni dell’attivismo di King, spesso segnati da condanne a lavori forzati e arresti, è la figura del presidente Kennedy, che, nonostante l’accusa di non aver sostenuto a dovere i Freedom Riders, diede sempre grande attenzione alle tematiche razziali e alla lotta alla discriminazione.

Celebre fu il suo primo discorso sullo stato dell’Unione in cui affermò che
la negazione dei diritti costituzionali ad alcuni dei nostri concittadini americani a causa della razza – alle urne e altrove – disturba la coscienza nazionale e ci sottopone alla critica dell’opinione pubblica mondiale come pure la decisione di vietare la discriminazione razziale nell’assegnazione degli alloggi sostenuti da fondi federali o da strutture affini o ancora le prese di posizione nette volte al fine di garantire uguaglianza nelle sedi scolastiche.

L’attentato che pose fine alla vita di Kennedy sconvolse l’America e King in particolare, che tenne un discorso incentrato su quanto l’odio fosse simile a un virus e sulla necessità di fermarne il contagio.

I have a dream: forse il discorso più famoso di Martin Luther King

Pochi mesi prima della scomparsa del presidente Kennedy, il 28 agosto del 1963, in occasione della marcia di protesta per i diritti civili nota come Marcia su Washington per il lavoro e la libertà, King pronuncerà il discorso divenuto leggendario e assunto a simbolo della lotta al razzismo: I have a dreamho un sogno, ovvero la speranza di raggiungere l’uguaglianza tra persone bianche e nere nel riconoscimento di diritti.

Citando la Dichiarazione d’Indipendenza, la Costituzione degli Stati Uniti d’America, il Proclama d’emancipazione, e anche alcuni versetti biblici, l’attivista sogna un futuro di parità di diritti, in cui i suoi figli non vengano giudicati per il colore della pelle ma per the content of their character: per quello che hanno dentro.
Un discorso ancora attuale, un sogno che ancora oggi, purtroppo, non è stato realizzato.

Gli anni dopo Kennedy: proteste e manifestazioni, fino al Nobel per la Pace

Gli anni successivi alla presidenza di Kennedy non furono certo poveri di manifestazioni, e Martin Luther King continuò a essere uno dei volti in prima linea contro le disparità.

Numerose furono le marce per garantire l’apertura di locali, fino a quel momento vietati alle persone nere, a tutti, indipendentemente dall’origine etnica e le azioni di protesta per la garanzia di pari diritti.

La partecipazione attiva costò a King nuovi arresti, ma non per questo l’attivista decise di fermarsi e anzi, grazie alla sua perseveranza continuò ad aprire gli occhi sulle forme di razzismo presenti nel Paese.
Fu proprio grazie al suo desiderio di uguaglianza e alla sua continua e mai ferma attività che King ricevette, il 10 dicembre 1964, il premio Nobel per la Pace.

Non solo: quella di King divenne una figura di spicco a livello mondiale, come testimoniato dall’incontro con il Papa Paolo VI, a settembre del 1965, durante il quale il Papa garantì appoggio e vicinanza.

Nuovi progetti: gli ultimi anni di Martin Luther King

È il 1966 quando King prende la decisione di trasferirsi nei quartieri più poveri di Chicago per vivere nelle stesse condizioni di vita dei cittadini meno agiati. In questa circostanza King si rese perfettamente conto delle difficili condizioni di vita dei bambini nonché dei problemi legati alla situazione immobiliare: basti pensare che i costi degli affitti delle casupole fatiscenti in cui era costretta la popolazione nera erano maggiori rispetto a quelli delle case residenziali della parte di popolazione bianca.

Il politico decise così di promuovere una serie di marce per combattere la discriminazione che, purtroppo, spesso sfociarono in violenza (lo stesso King venne colpito da alcuni sassi in occasione di una protesta, nell’agosto del 1966. Questo attacco tuttavia non lo fermò, e King continuò a marciare in testa al corteo).

In seguito a queste proteste si ottennero una serie di miglioramenti, tra servizi offerti, contratti migliori e abitazioni più accoglienti.
Altra operazione presenziata da King fu quella nota come breadbasket, in Italia riconosciuta con il nome di borsa della spesa, che prevedeva controlli circa l’assunzione, da parte delle aziende, di dipendenti neri, al fine di garantire parità e nel numero di dipendenti e nella tipologia di mansioni svolte.
Grazie a quest’azione ottennero lavoro più di duecento afroamericani.

Scontri e manifestazioni. Il Black Power e la posizione di Martin Luther King

Ma questi sono anche anni di duri scontri e manifestazioni. In particolare, mentre l’attivista Stokely Carmichael non voleva che a esse prendessero parte bianchi (fu proprio Carmichael a coniare la locuzione Black Power), King fu sempre molto favorevole all’apertura anche alle persone non nere, ricordando i bianchi che avevano dato la vita per la causa antirazzista.

Tuttavia, nonostante secondo la sua opinione il Black Power fosse nato dalla delusione degli afroamericani, King pensava pure che essa offrisse l’occasione per rivolgersi alla popolazione nera spingendola all’attivismo.

C’è tuttavia da dire che King rimase sempre fermo su una posizione: la violenza porta ad altra violenza e non c’è nulla di positivo in ciò che nasce da disperazione e delusione. La non-violenza rimase la cifra principale dell’azione di King. Proprio per questo restò sempre lontano da chi cercava con la comunità bianca non l’incontro ma lo scontro.

La morte

Le minacce di morte ai danni di Martin Luther King non erano purtroppo cosa rara. La posizione politica che King aveva, negli anni, assunto, era infatti motivo di malessere da parte di molti cospiratori.
Nonostante vivesse con questa spada di Damocle, però, King non si arrese mai e anzi, avendo modo di parlare della possibilità di essere assassinato, era solito affermare che non sarebbe certo stata la sua morte a fermare il movimento per i diritti civili.

Profetico, King, assassinato il 4 aprile del 1968, a Memphis (raggiunta in ritardo rispetto ai programmi, proprio a causa della possibilità di un attentato), non è stato dimenticato e i suoi sforzi non sono rimasti vani, tanto da essere citato da personalità politiche ancora oggi e da essere ricordato in occasione di una giornata a lui dedicata (oltre che in centinaia di discorsi e manifestazioni).

Il Martin Luther King day e i riconoscimenti postumi

Ed è infatti proprio a testimonianza del ruolo fondamentale che ha avuto, a livello globale, la figura di Martin Luther King che a pochi giorni dalla sua morte John Conyers propose l’istituzione di una giornata in onore dell’attivista e pacifista americano. La proposta divenne legge nel 1983 e il 20 gennaio 1986 venne osservato il primo Martin Luther King day, dal 1993 esteso a tutti gli Stati Uniti d’America.
Inoltre a King sono state titolate circa 700 strade e sono stati conferiti, postumi, il Grammy Award per il miglior Album parlato Why I Oppose the War in Vietnam nel 1970 e il Premio per i diritti umani Marcus Garvey.

Perché ancora oggi è importante Martin Luther King

Sarebbe bello chiudere questo articolo parlando al passato. Sarebbe bello ricordare quanto le lotte di Martin Luther King siano state fondamentali e quanto, per fortuna, oggi i problemi legati al razzismo siano solo un brutto ricordo.

Purtroppo la verità è un’altra e il razzismo continua a essere una piaga sociale ancora molto presente nel mondo.
Certo, sono stati fatti passi avanti: chi mai avrebbe immaginato un presidente USA nero, come invece è stato Barack Obama, eletto nel 2009 e in carica fino al 2016?

Martin Luther King, probabilmente, sì… ma si sarebbe trattato di un sogno; del suo sogno, appunto: di sicuro negli anni delle sue lotte, le basi per ottenere un riconoscimento simile sarebbero mancate e ci sono voluti ancora anni perché alla Casa Bianca sedesse un uomo afroamericano.

Il Black Lives Matter, il caso Floyd, il sogno che continuiamo a fare

E nonostante questa importante e decisiva svolta, siamo ancora indietro rispetto alla parità tanto sognata dall’attivista negli anni ’60: lo testimonia l’odierna necessità di un movimento noto come Black Lives Matter, nato nel 2013 per combattere il razzismo verso le persone nere, perpetuato a livello sociopolitico, e che è stato ultimamente oggetto di grande esposizione mediatica a causa del caso George Floyd.

La morte di George Floyd ha scosso gli USA e il mondo intero: un omicidio brutale e che testimonia la libertà presa da alcune frange delle forze dell’ordine americane di comportarsi in maniera disumana verso persone nere, ancora oggi; ancora nel XXI secolo.

Un evento che ha messo in moto una serie di marce e manifestazioni con l’intento, ancora una volta, di dire basta alle discriminazioni.
Continuiamo, Martin Luther King, a far sì che il tuo sogno diventi sempre più vicino alla realtà. Continuiamo a sognare e ad agire per far sì che non conti più il colore della pelle, perché, come ricorda proprio il movimento Black Lives Matter, dove non c’è giustizia non c’è pace, e noi, invece, cerchiamo e sempre cercheremo proprio la pace.

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