Nerino Coccato e la sua via del gelato… e se continua così venderà il gelato anche agli eschimesi del Polo Nord!

foto apertura – Da sinistra: Nerino, Anna, Melania, Gabriele (fratello di Nerino), Marco

Il 2020 è un anno burrascoso, il coronavirus rende la vita difficile a tutti, ma anche in queste situazioni bisogna mantenere la calma e la fiducia in un futuro migliore. Questo vale soprattutto se si lavora nel settore gastronomico, proprio come il nostro protagonista Nerino Coccato, gelataio da decenni e proprietario di quattro gelaterie nel nord della Germania. Lui la calma ce l’ha scritta nel nome, infatti il nome Nerino deriva dalle Nerèidi, divinità greche che simboleggiano il mare calmo. È nato in un piccolo paese vicino dalla laguna veneziana dove normalmente chi cerca un’occupazione sceglie fra i due settori principali: il lavoro agricolo o la fabbrica. Lui prende un’altra strada, quella della creazione del gelato artigianale e si dirige verso il nord Europa. È un giovane di 19 anni quando nel 1969 inizia la sua prima stagione come apprendista gelatiere, rimane subito affascinato da questo lavoro dove, come per magia, si trasforma una crema calda in un gelato freddo. Da allora è passata un po’ di acqua sotto i ponti, Nerino ora ha qualche capello bianco ed è orgoglioso di essere un gelatiere italiano in Germania. Ma seguiamolo, mentre ci racconta le tappe principali della sua vita e la sua passione per il gelato artigianale.

Nerino Coccato: dal Mar Adriatico al Mar del Nord
Nerino Coccato: dal Mar Adriatico al Mar del Nord

Ciao Nerino, vuoi presentarti alle nostre lettrici e ai nostri lettori?

Sono Nerino Coccato, sono nato nel 1950 a Bojon, una frazione di Campolongo Maggiore nella città Metropolitana di Venezia, sono sposato con Anna nata ad Arzergrande, un paese in provincia di Padova, abbiamo due figli: Marco e Melania. Lavoro in Germania come gelatiere da 51 anni. Ho cominciato come apprendista gelatiere e ora, assieme alla mia famiglia, abbiamo quattro gelaterie, tre a Bremerhaven sulla costa del Mar del Nord e una a Rostock sulla costa del Mar Baltico.

l gelatieri italiani, dall’Etna alle Dolomiti, hanno contribuito molto all’evoluzione del gelato e a farlo conoscere nel mondo. Come ti sei avvicinato all’arte del gelato artigianale?

Sono venuto in Germania nel 1969 avevo 19 anni ero a Bad Wildungen vicino a Kassel e lavoravo in una gelateria italiana come apprendista gelatiere, il lavoro mi piaceva molto, ci sono rimasto due anni e ho imparato bene il mestiere. Nel 1971 mi sono messo in proprio e con l’aiuto finanziario della famiglia ho acquistato una piccola gelateria a Castrop-Rauxel vicino a Dortmund, era una gelateria a conduzione familiare, lavoravo assieme ai miei genitori, a mio fratello e mia sorella, lì abbiamo lavorato fino al 1974. Nel 1975 ho conosciuto mia moglie e ci siamo trasferiti a Bad Pyrmont, abbiamo lavorato lì fino al 1982. Poi siamo venuti a Bremerhaven sul Mar del Nord, siamo qui dal 1983, quindi sono passati 37 anni!

Quando sei andato in Germania parlavi già il tedesco?

No, l’ho imparato qui. Da febbraio a ottobre facevo un lavoro stagionale in gelateria e durante l’inverno lavoravo in un ristorante tedesco solo con persone tedesche e lì ho imparato velocemente questa lingua, da giovani si impara in fretta. Oggi ho passato gli anta e adesso sarebbe più difficile per me. Attualmente sto cercando di imparare l’inglese, ma non è facile, mi rendo conto che l’età gioca un ruolo importante nell’apprendimento.

Com’è la vita del gelatiere?

È una vita di grandi sacrifici, se non si ha la passione, la voglia, l’amore di far questo lavoro non si riesce ad aver successo, inoltre ci vuole anche un po’ di fortuna. Io sono stato fortunato, perché mia moglie mi ha sempre aiutato molto, anche quando i figli erano piccoli lei era qui in gelateria ad aiutarmi. Non abbiamo trascurato i figli, c’era sempre qualcuno con loro. Ma la vita del gelatiere non è una vita “normale”, abbiamo degli orari di lavoro molto sfasati rispetto agli orari standard e le otto ore canoniche spesso non bastano per svolgere tutte le attività previste. Per quanto mi riguarda quello che mi hanno aiutato ad aver successo è stato: una famiglia che lavora unita concentrando le forze verso un obiettivo comune, gli aiuti statali con sgravi fiscali e sgravi sulle ammortizzazioni delle attrezzature. Inoltre si dice che più a nord si va, più piace il gelato.

Il gelatiere è la persona specializzata nella preparazione dei gelati, colui che conosce le materie prime e i macchinari, la miscelazione e la conservazione. Potresti raccontarci in sintesi come si fa il gelato artigianale?

I macchinari che si usano sono: il pastorizzatore, il mantecatore e l’abbattitore di temperatura.

La prima macchina che usiamo è il pastorizzatore dove gli ingredienti vengono cotti, sterilizzati e omogeneizzati. Se vogliamo fare una base di gelato neutra, il così detto fior di latte, mettiamo nel pastorizzatore il latte, la panna, lo zucchero e la farina di carrube, il composto viene mischiato in continuazione con le spatole e fatto cuocere fino a 85°, poi la temperatura viene abbassata velocemente a 4°, in questo modo si elimina la carica batterica. Questa base liquida viene lasciata a “maturare” per circa 15 ore, perché i processi chimici devono avvenire lentamente. Questa fase ha bisogno di molto tempo ed è simile a quella della “maturazione” della pasta per la pizza. Nel nostro composto base lo zucchero si scioglie completamente e la farina si idrata bene, così le particelle si distribuiscono uniformemente ed abbiamo una massa ben amalgamata e cremosa. Passate le 15 ore, alla miscela neutra vengono aggiunti i diversi gusti sotto forma di paste, ad esempio la pasta vaniglia, cioccolato, nocciola, caffè, abbiamo 36 gusti, una grande scelta. La base liquida viene poi mischiata con un mixer e messa nel mantecatore. Questa macchina congela e mescola il composto, qui la base liquida prende forma, aumenta di volume e diventa cremosa. Un’azione importante viene svolta dalle spatole che mischiando il composto, gli fanno incorporare l’aria, questo è un passaggio decisivo per l’aspetto, la consistenza e la morbidezza del gelato. Quando il gelato è quasi pronto ha una temperatura di circa meno 8°, viene estratto dalla macchina e messo nell’abbattitore. Quest’ ultima macchina serve a congelare velocemente e completamente l’acqua presente nel composto e a rendere il gelato liscio e con meno scaglie di ghiaccio. Ed ora il gelato è pronto per la degustazione e per regalare un sorriso ai miei clienti.

Come sono stati gli inizi qui a Bremerhaven?

Abbiamo iniziato in una piccola gelateria con 16 tavolini, due anni dopo nel 1985 abbiamo acquistato un’altra piccola gelateria con 17 tavolini, quindi in totale avevamo 33 tavolini. Oggi nelle 4 gelaterie abbiamo complessivamente 360 tavolini. Qui a Bremerhaven nella nostra “Gelateria Venezia” c’è una terrazza di 80 tavolini, sono 250 persone e durante il fine settimana quando è tutto pieno abbiamo circa 1000 persone da servire. Abbiamo in totale 80 dipendenti, il personale fisso è di 35 persone. Mi ritengo fortunato, perché abbiamo avuto e abbiamo ancora adesso delle ragazze molto in gamba che lavorano durante la stagione estiva per finanziarsi gli studi. Alcune di loro hanno lavorato da noi 6 o 7 anni e oggi, dopo la laurea e il matrimonio, vengono a prendere il gelato da noi con i figli e il marito.

 1996 - Centro Culturale Italiano Ezio Rizzardini Bremerhaven. 
Il secondo da destra è Nerino Coccato.
1996 – Centro Culturale Italiano Ezio Rizzardini Bremerhaven.
Il secondo da destra è Nerino Coccato.

Ti sei impegnato anche sul sociale?

Qui a Bremerhaven sono riuscito anche a dare un aiuto sociale alle famiglie italo-tedesche. Quando sono arrivato qui c’era una associazione di italiani che si chiamava Centro Sportivo e Culturale Italiano Ezio Rizzardini, allora era chiusa e noi siamo riusciti a riaprirla nel 1990. Ezio Rizzardini era anche lui un gelatiere, uno dei fondatori di questa associazione. Organizzavamo delle gite, ogni anno i bambini andavano a fare una gita turistica nell’isola di Helgoland a sud-est del Mar del Nord o al Serengeti-Park nella Bassa Sassonia. Si facevano le feste di Natale con gli italiani immigrati qui e per i bambini si faceva la festa della Befana. Io quando andavo in Italia ritornavo con grandi pacchi di calze della Befana per i bambini, avevo la macchina piena. All’inizio lavoravamo assieme al Ministero della scuola e cultura di Brema, negli ultimi anni assieme al Consolato di Amburgo. Inoltre con degli amici e con la collaborazione del Consolato di Amburgo abbiamo organizzato un doposcuola italiano che è rimasto attivo per 15 anni. Abbiamo affittato una stanza al centro della città e tre volte alla settimana veniva un’insegnante italiana che per due ore insegnava la lingua e la cultura italiana ai bambini. Era un doposcuola solo in italiano, partecipavano tutti i figli degli italiani di Bremerhaven e dintorni. Le lezioni erano molto seguite e ci potevano partecipare persone di ogni nazionalità. Qui a Bremerhaven ci sono molti italiani, molte famiglie italo-tedesche che parlano solo tedesco. Quando andavano a trovare i nonni e gli altri parenti in Italia i loro figli non parlavano con i parenti italiani, perché non conoscevano la lingua italiana. Così, anche per migliorare la comunicazione fra di loro, abbiamo pensato di riaprire l’associazione italiana.

1996 – Festa della Befana. In piedi a sinistra, il console italiano di Brema, a destra Nerino Coccato
1996 – Festa della Befana.
In piedi a sinistra, il console italiano di Brema, a destra Nerino Coccato.

Ci sono stati dei miglioramenti nella lavorazione del gelato da quando hai cominciato tu a 19 anni ad adesso?

Sì, molti miglioramenti. Adesso la lavorazione del gelato è cambiata completamente grazie agli accessori e alle macchine. Vado spesso alle fiere del gelato in Italia dove sono esposti sia i macchinari più tecnologicamente avanzati che sorbettiere di circa 150 anni fa restaurate e funzionanti. Allora i sorbetti venivano fatti con acqua, confettura, zucchero e tanta manualità. Il congelamento degli ingredienti si otteneva mettendo pezzetti di ghiaccio in una tinozza di legno duro, al ghiaccio si aggiungeva del sale, in modo da far abbassare il punto di congelamento che può arrivare fino a meno 21 gradi. In questa mistura di ghiaccio e sale veniva immerso un recipiente di metallo con acqua, confettura e zucchero. Il gelatiere faceva girare il recipiente e mescolava gli ingredienti che lentamente si solidificavano fino ad ottenere il sorbetto. Se penso al gelato del mio paese natale mi ricordo ancora la felicità quando da bambini sentivamo il suono del corno che annunciava l’arrivo del gelatiere. Arrivava con il mitico carrettino a pedali, pagavamo il gelato con un uovo ed eravamo tutti felici e contenti, anche il gelatiere che usava l’uovo per fare il gelato!

Gelatiere con carrettino ambulante dei gelati - anni ‘60. Dal libro Arzergrande e Vallonga, un passato di forza e di valori – Antonio Giraldo
Gelatiere con carrettino ambulante dei gelati – anni ‘60.
Dal libro Arzergrande e Vallonga, un passato di forza e di valori – Antonio Giraldo

Quindi le macchine sono importanti, ma anche nell’era tecnologica ci vuole l’esperienza del gelatiere.

Certo. Gli ingredienti si devono pesare e devono essere ben proporzionati fra di loro, in questo caso i gelatieri parlano di bilanciamento giusto. Bisogna conoscere gli ingredienti, la catena del freddo e quindi avere conoscenza ed esperienza.

Il gelato per domani lo avete già fatto?

Abbiamo già fatto la massa neutra, fatta oggi per domani, tutto con prodotti freschi. Domani mattina alle 5 arrivano i due gelatieri della nostra azienda che continueranno il lavoro che ho fatto io. Entro mezzogiorno abbiamo il gelato pronto con tutti i gusti che vogliamo. Noi abbiamo gelato fresco tutti i giorni. Per questo abbiamo una clientela affezionata da anni, abbiamo dei clienti che vengono anche dalle città vicine per gustare il nostro gelato e di questo ne siamo molto fieri. Noi la pubblicità ce la siamo fatta con il duro lavoro, con la buona qualità dei nostri prodotti.

Nelle gelaterie lavorano anche tuo figlio e tua figlia?

Adesso sì. Hanno studiato in Italia, perché all’inizio il nostro obiettivo era quello di tornare in Italia, ci siamo costruiti una casa nel mio paese natale, poi mio figlio è venuto in Germania, due anni dopo è venuta anche mia figlia e così abbiamo riunito qui la famiglia ed è stata una cosa positiva.

Pensi che tuo figlio Marco proseguirà la gestione delle gelaterie in Germania?

Forse, si vedrà. I figli hanno deciso di rimanere con noi e adesso non torniamo più in Italia. Ormai abbiamo quattro gelaterie ben avviate qui, lasciare tutto adesso e tornare in Italia non conviene.

Nella tua vita sei passato dal Mar Adriatico al Mar del Nord. Dopo tutti questi anni in Germania ti senti ancora italiano o sei anche un po’ tedesco?

Sono ben inserito in Germania non ho mai avuto problemi né con le autorità né per i permessi, mi sono integrato molto bene. Però io sono nato a Bojon in Italia e rimango di Bojon con il mio passaporto italiano. Mi hanno chiesto se voglio la cittadinanza tedesca, ma io ho detto che non mi interessa. Io vivo qui, pago le tasse qui, ma il mio passaporto è italiano e rimane italiano e neanche lo cambierò mai, a meno che io sia obbligato a cambiarlo. L’Italia è un bellissimo Paese, mi è dispiaciuto molto doverlo lasciare.

Che cos’è per te la vita?

La vita per me è come una grande coppa di macedonia, ce n’è per tutti i gusti. Ci sono progetti, incontri con persone molto diverse fra loro, idee da sviluppare assieme alla famiglia e ai collaboratori. In campo lavorativo ci vuole tenacia, disciplina, una buona organizzazione, ma anche la mente aperta per le nuove tecnologie, bisogna avere curiosità, fantasia e la ciliegina sopra a tutto è l’amore per il lavoro e il rispetto per le persone. Per me sono molto importanti i valori della famiglia, le soddisfazioni nel vedere realizzato un sogno. È bello vedere che c’è una continuazione, che tutti i sacrifici non sono stati vani, questo dà un senso della vita.

E adesso siamo arrivati al dolce. Qual è la tua canzone preferita?

Ormai ho passato gli anta e di cantanti ne ho sentiti molti, ma sono ancora affezionato a quelli della mia gioventù, a Bobby Solo, alla canzone “Una lacrima sul viso”. La cantavo sempre anni fa e la fischietto ancora adesso.

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