“Nobody can love you more than you”, la mostra per la visibilità della comunità nera, lesbica, trans sudafricana

Nobody can love you more than you”, questo il titolo della mostra allestita alla Galleria del Cembalo di Roma, dal 9 febbraio al 6 aprile, a cura dell’attivista visiva sudafricana Zanele Muholi in collaborazione con Tosetti Value, il Family Office.

Nata a Umlazi, Durban, Muholi vive a Johannesburg. Con questo lavoro, in Italia propone una selezione di una ventina di sue opere fotografiche il cui obiettivo è «riscrivere una storia visiva del Sudafrica dal punto di vista della comunità nera, lesbica e trans, affinché il mondo conosca la nostra resistenza ed esistenza in un periodo in cui i crimini generati dall’odio sono all’apice, in Sudafrica e non solo».

Attingendo al linguaggio del teatro, l’artista interpreta vari personaggi e archetipi, utilizzando parrucche, costumi e oggetti di uso quotidiano, dalle mollette per stendere i panni, alle pagliette di metallo per pulire le pentole, alle cannucce per le bibite, alle grucce per appendere gli abiti. Contrastando la sua pelle, e a volte schiarendosi le labbra, accentua le proprie caratteristiche fisiche per riaffermare la sua identità.

Guardando negli occhi della sua auto-rappresentazione, in tutto il suo riflettere di nero splendore, molti di noi potrebbero trovarsi a distogliere lo sguardo velocemente, per imbarazzo o per soggezione di fronte all’intensità del suo sguardo. Stare davanti a una qualsiasi delle sue fotografie richiede quindi, prima di tutto, un esercizio individuale di autovalutazione e di analisi profonda nei confronti di una persona che si è messa nuda di fronte alla lente dell’obiettivo e che ha messo a nudo le sue istanze.

Quasi fosse una marea asincrona, dopo una prima suggestione, arriva quindi alla mente dell’osservatore un secondo livello di riflessione, più razionale, circa le motivazioni che sostengono questo sacrificio individuale così poco negoziabile, relativo al significato politico delle sue immagini. Per capirlo è necessario chiedersi cosa provi una minoranza nel vivere ogni giorno la propria condizione sia fisica e reale, sia percettiva e ambientale, sintetizzata da Zanele Muholi in: «You live as a black person for 365 days».

Foto © Galleria del Cembalo, Roma | Fotografie di Zanele Muholi. Silver gelatine print, 2016

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