Patrick Zaki, “stavolta andrà tutto bene”

La vicenda di Patrick Zaki ha scolvolto tutta Italia e non solo. Il ricercatore egiziano, attualmente iscritto a un master in Studi di genere a Bologna, è stato fermato al suo arrivo all’aeroporto del Cairo lo scorso venerdì 8 febbraio per accuse come “diffusione di notizie false” e “incitamento alla protesta”.

Secondo il suo avvocato, i funzionari dell’Agenzia di sicurezza nazionale (Nsa) l’hanno tenuto bendato e ammanettato per tutto l’interrogatorio durato 17 ore all’aeroporto e poi in una località non resa nota dell’Nsa a Mansoura.

Patrick George Zaki è stato interrogato sul suo lavoro sui diritti umani e sullo scopo della sua permanenza in Italia e più volte minacciato, colpito allo stomaco, alla schiena e torturato con scosse elettriche.

“Non riusciamo ancora a comprendere le accuse mosse a Patrick, nostro figlio non è mai stato fonte di minaccia o di pericolo per nessuno, anzi, è stato una costante fonte di sostegno e di aiuto per molte persone”. Questo il commento della famiglia, in una nota diffusa sulla pagina Facebook ‘Patrick libero‘, creata da attivisti per tenere alta l’attenzione sul caso.

Amnesty International denuncia l’arresto arbitrario e la tortura di Patrick Zaki

Per denunciare la tortura a Patrick Zaki è arrivata prontamente la voce di Amnesty International: “L’arresto arbitrario e la tortura di Patrick Zaki rappresentano un altro esempio della sistematica repressione dello stato egiziano nei confronti di coloro che sono considerati oppositori e difensori dei diritti umani, una repressione che raggiunge livelli sempre più spudorati giorno dopo giorno“, ha dichiarato Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.

“Chiediamo alle autorità egiziane il rilascio immediato e incondizionato di Patrick, in stato di fermo esclusivamente per il suo lavoro sui diritti umani e per le idee espresse sui social. – continua il rappresentante di Amnesty International – È necessario che le autorità conducano un’indagine indipendente sulle torture che ha subito e che sia garantita la sua protezione in maniera tempestiva“.

Patrick Zaki e Giulio Regeni nel murales di Laika

Intanto a Roma in via Salaria, la notte tra lunedì 10 febbraio e martedì 11, sul muro che circonda Villa Ada, a pochi passi dell’Ambasciata d’Egitto, è apparsa una nuova opera della Street Artist Laika: il murales ritrae Giulio Regeni che abbraccia lo studente arrestato in Egitto Zaki, con indosso una divisa da carcerato. 

Davanti alle due figure spunta la parola “Libertà” in lingua araba. Mentre Regeni rassicura Zaki: “Stavolta andrà tutto bene“. “Questa frase – come spiega l’artista – ha un doppio significato, serve a rassicurare Patrick, ma soprattutto a mettere davanti alle proprie responsabilità il governo egiziano e la comunità internazionale. Non si può permettere che quanto accaduto a Giulio Regeni e a troppi altri, avvenga di nuovo. Stavolta deve andare tutto bene. Mi auguro che questa vicenda vada a finire bene e che Zaki venga liberato il prima possibile. Spero anche che, pur non essendo un cittadino italiano, il nostro paese possa vigilare su quanto sta accadendo. Vorrei che questo mio piccolo gesto fosse da stimolo ai media per accendere ancora di più i riflettori sulla vicenda di Zaki”.

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