Rosso ed Eterno: grandi e piccole meraviglie di Mosca

Mosca, ineguagliabilmente al mondo, metropoli antica e intricata di storia, di glorie e di drammi. Il suo dualismo immutabile, che accoglie cordiale il visitatore curioso ma che ostacola quello spaurito.

Mosca, ostile e irruenta, mite e cortese. Mosca matrigna per chi vi si butta senza misura e con gli occhi aperti. Mosca mammina di chi vi si accosta senza capire o di chi la ama nonostante tutto. 

Mosca delle cadenti case sovietiche delle periferie, delle giornate di pioggia sottile e del freddo mordace, dei sorrisi mancati sui volti; dei lignei portoni incuranti, che sbattono al vento, del cipiglio degli occhi che schivano, dritti e inflessibili, il disamore che c’è.

Mosca dei balletti sognanti, dei signorili palazzi, dei fiori sgargianti tra le mani degli uomini innamorati, dell’arte che vive inestinta; della luce eburnea delle sere d’estate, delle cupole di legno e di oro; di un Dio che consola e perdona la città che più di altre fiorì, soffrì, e lottò.

Era un giorno d’autunno inoltrato, con pochissimo sole tra le grandi nuvole grigiastre, addormentate sulla città. Camminavo e camminavo per le immense vie di Mosca, ora rincuorata da un angolo famigliare, da un cartello assecondante, ora persa in una miriade di burberi edifici, svettanti e seri. 

Arrivai finalmente a un incrocio di strade veloci, straordinariamente grande. Un sottopassaggio mi portò dall’altra parte di quel fiume in piena di automobili e moto e mi si presentò davanti lo strabiliante spettacolo del Cremlino (Кремль): un’incredibile fortezza mattone, intoccabile, eterna. Fondato in un tempo indistinto e insicuro, divenne dimora inviolabile dei principi moscoviti nel 1264. Nei secoli a venire si espanse smisurato: forti, torrioni, muraglie, migliaia di mattoni rossi che si unirono uno sull’altro per far nascere l’inespugnabile Cremlino (Моско́вский Кре́мль).

Mura esterne del Cremlino. Mosca, Russia
Mura esterne del Cremlino. Mosca, Russia

Circondato a occidente dallo sconfinato Giardino di Alessandro (Александровский сад), creato nel 1819 dall’architetto neoclassico Giuseppe Bove e tinto, in autunno, di ambra e castano. Camminai lungo le mura, tra l’erba ancora verde e le foglie ormai cadute.

I Giardini di Alessandro. Mosca, Russia
I Giardini di Alessandro. Mosca, Russia

L’imponente gigante vicino a me non faceva alcuna paura nella serenità e nel silenzio, così distanti dal caotico rombare di automobili e sferragliare di traffico di poco prima. Il magro sole del primo pomeriggio incominciava a ritirarsi, un venticello già freddo di inverno soffiava pungente in autunno.

Camminai ancora quel pomeriggio, tantissimo, e arrivai finalmente ai piedi del simbolo di Mosca, a oriente del Cremlino, la così pronunciata Kràsnaia plosh’ad’, la Piazza Rossa (Красная площадь). Facile per gli amanti della lingua russa pensare che il suo nome così rinomato nei secoli derivi dalla vista inconfondibile di un colore: il rosso. Rosso il Cremlino, rossa la Porta della Resurrezione che ad esso conduce, rosso il Museo di Storia Russa, un po’ rossa anche la Cattedrale di San Basilio, rosso di idee e di mattoni il Mausoleo di Lenin.

E invece no, viaggiatori, Mosca stupisce e ci inganna con la sua lingua complessa ed astuta. Kрасный (pronuncia: “krasni”), infatti, fu nel passato sia “rosso” sia “bello” ed è da quest’ultimo significato che la piazza ereditò il suo nome così altisonante, “Piazza bella”. 

Piazza Rossa_ sulla destra, i magazzini GUM_ al centro_ Museo della Storia russa
Piazza Rossa_ sulla destra, i magazzini GUM_ al centro_ Museo della Storia russa

Quanti tratti di Mosca potrei raccontare, quanti dettagli nascosti e tuttavia più significativi di tutto il resto! Ma vi racconterò ora una cosa, che mi successe per ricordarmi di amare Mosca, di amarla anche se poteva ferire, con la sua incostanza severa e la sua austerità enigmatica.

Per accedere alla Piazza Rossa vi è una porta, di cui già vi accennavo. Si chiama la Porta della Resurrezione (Воскресенские ворота). Era il 1630 quando la Porta fu ricostruita e arricchita da due maestose torri appuntite, a custodia di un’icona di Gesù risorto, posta sulla facciata interna, che donò il nome al solenne ingresso. 

Davanti alla Porta c’è un piccolissimo ingresso, nel mezzo di quel tripudio di forme vermiglie, così timido e dimesso, di legno scuro e di pietra dipinta di un acquoso celeste. Si chiama Cappella Iberica (И́верская часо́вня). Quasi nascosta, nonostante la sua posizione centralissima, la notai per caso, semplicemente perché ci vidi un uomo entrare.

Un uomo molto alto e magro, giovane, nonostante la folta, lunga, arruffata barba castana. Portava una tunica nera, severa e fluttuante nei suoi passi allungati, un copricapo tondo e schiacciato: era un pope. Lo vidi entrare da una porticina di legno ignorata da tanti, seguito da una donna e da un bambino.

Feci lo stesso e quando varcai quell’ umile soglia mi ritrovai in una cappella, una piccolissima, impensabile cappella dorata e luccicante di icone e mosaici dei Santi tra cui spiccava più in rilievo, più brillante e splendida delle altre, l’icona della Vergine Iberica.

Imparai solo in seguito che la cappella piccolissima fu fatta in legno nel 1669, e poi ricostruita in pietra. Un tempo passaggio tradizionalmente obbligato per ogni viaggiatore in visita alla Piazza Rossa, la Cappella Iberica mi parve fin da subito un unico eccezionale luogo di silenzio e contemplazione dove ricchi e poveri si stringevano intorno ai volti dei Santi, dei martiri e di Dio. 

Ricordo una mamma col capo coperto da un velo allacciato sul collo incoraggiare il figlioletto verso una delle meravigliose icone. “Yesùs?” chiese il bambino, non sapendo verso quale di quelle bellezze di minuzia e pazienza recarsi. La mamma mosse il capo in segno di assenso e il bambino camminò sicuro verso Gesù, la sua piccola mano contro il vetro per toccarlo, per poi lasciar cadere un’immaginetta nella scatolina delle offerte.

Rimasi nella cappella a lungo, rapita dalla magica atmosfera sospesa, rituale. Ascoltai con trasporto il giovane pope leggere cantilenante una preghiera in poesia e i fedeli, stipati con me in quell’impensabile minuscolo spazio, ripeterne i versi cantando. Fui come stregata da quella canzone di Dio e non potevo quasi più ricordare che solo al di là della porta di legno esistesse anche un mondo rumoroso e rapido. L’aria odorava di candele, di cera e calore. 

Può, viaggiatori, un dettaglio come questo, una cappellina così angusta e piena, restare tanto impresso nella memoria, quasi offuscando l’immensità di tutto il resto?

Forse sì, e non nella Mosca tagliente, dispettosa e arrogante, con la sua immensità smisurata, la sua alterigia svettante visibile ovunque, se solo si alza lo sguardo. No, non lì…

È possibile altrove, nella Mosca che viaggia oltre al tempo, che abbaglia di luce e di musiche arcane, che un po’ rende tristi ma poi vuol far pace e ti mostra qualcosa così, all’improvviso, un ristoro e un sollievo da cercare in eterno.

Cattedrale di San Basilio. Mosca, Russia
Cattedrale di San Basilio. Mosca, Russia
Una punta del Cremlino. Mosca, Russia
Una punta del Cremlino. Mosca, Russia

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