Stato di emergenza in Sudan: «Misure estreme contro la libertà di espressione»

Porre fine alle misure adottate sulla base dello stato d’emergenza per reprimere con violenza il dissenso che emerge dalle manifestazioni in corso a livello nazionale. Lo ha chiesto Amnesty International al governo del Sudan e al presidente sudanese Omar al-Bashir.

Di fatto, dopo l’introduzione dello stato d’emergenza, proclamato il 22 febbraio, il governo ha aumentato il numero degli effettivi delle forze di sicurezza, incluso l’esercito, per colpire i manifestanti.

Il 25 febbraio agenti della sicurezza hanno invaso l’Università femminile Ahfad di Omdurman picchiando le studentesse che protestavano e ricorrendo ai gas lacrimogeni per disperderle.

«Le autorità sudanesi usano lo stato d’emergenza per giustificare il flagrante aumento dell’uso dei proiettili veri e dei gas lacrimogeni contro i manifestanti e per torturare gli arrestati senza alcun freno», ha dichiarato Joan Nyanyuk, direttrice di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi.

«Il governo del Sudan deve immediatamente cessare di ricorrere a queste misure estreme che hanno lo scopo di mettere paura alla popolazione e impedirle di esercitare il diritto alla libertà d’espressione e di manifestazione pacifica contro la situazione sociale, politica ed economica del paese», ha aggiunto Nyanyuki.

Il 24 febbraio le forze di sicurezza hanno usato proiettili veri e gas lacrimogeni contro i manifestanti che protestavano in vari luoghi dello stato di Khartoum, ferendo almeno tre persone. Hanno fatto irruzione nel campus dell’Università di Scienze mediche e Tecnologia della capitale, picchiando e arrestando decine di studenti. Sempre nella capitale, nel quartiere di Burri, i soldati hanno fatto irruzione nelle abitazioni, sparando gas lacrimogeni, picchiando persone e sequestrando telefoni cellulari.

A Omdurman, nel quartiere di Alabasya, si segnala sempre dal 24 febbraio una forte presenza di soldati, membri dei servizi di sicurezza e agenti di polizia.

Il giorno prima, sabato 23 febbraio, le forze di sicurezza avevano preso d’assalto la residenza di un medico nei pressi della Scuola di formazione ospedaliera di Khartoum, picchiando i presenti e arrestando oltre 40 medici sospettati di aver organizzato le proteste.

«Questo brutale giro di vite che ha fatto subito seguito alla proclamazione dello stato d’emergenza è preoccupante. Coloro che manifestano pacificamente devono poter esprimere le loro idee e le forze di sicurezza devono cessare di attaccarli, arrestarli e picchiarli», ha concluso Nyanyuki.

Dal 19 dicembre 2018, data d’inizio delle proteste di massa contro il governo, Amnesty International ha registrato oltre 45 morti e più di 180 feriti. Secondo fonti governative, gli arresti sono stati oltre 2600.

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